Nuove scoperte e ipotesi sulla presenza templare a Ruvo di Puglia

cattedrale_ruvo-esternoNuove scoperte e ipotesi sulla presenza templare a Ruvo di Puglia di Vito Ricci

1. Tracce di proprietà templari nei Cabrei della commenda di San Giacomo (1618, 1646)

L’esistenza di una domus templare a Ruvo di Puglia è documentata, seppur in maniera alquanto frammentaria, dall’inizio del XIII secolo e sino all’epoca delle inquisizioni. Non ci soffermeremo su tale aspetto ampiamente trattato in altri contesti a cui si rimanda. (1) Ricordiamo solo che nel 1204-05 è menzionato un precettore, mentre nel 1308 venne catturato un frate presso la casa rubastina che fu oggetto di un sequestro di beni nel medesimo anno. Sappiamo anche che la domus era decisamente ricca, tanto da attirare la cupidigia dei signori del luogo nel 1272, e tale circostanza era risaputa nel 1292 anche al di fuori dei confini del Regno di Sicilia. Purtroppo dalle fonti menzionate non è possibile risalire né all’individuazione e alla relativa ubicazione della domus né tanto meno alle proprietà fondiarie. In altra sede (2) abbiamo trattato di alcune ipotesi che sono state avanzate nel corso del tempo, mettendo in evidenza limiti e punti deboli, e proponendone una nuova e più attendibile individuando nella chiesa di San Giacomo, appartenuta almeno dal 1396 ai giovanniti, (3) l’antica precettoria templare a causa della sua posizione a ridosso delle mura, nei pressi di una porta cittadina e a non molta distanza dalla via Traiana che attraversava Ruvo, passata dopo il 1312 all’Ordine dell’Ospedale in ossequio delle disposizioni della bolla pontificia Ad Provvidam.

Dopo questa debita premessa, in questo contributo si esporranno alcune nuove scoperte in merito ai beni appartenuti ai templari di cui è stata trovata traccia in alcuni cabrei dell’Ordine di Malta del XVII secolo e sarà formulata un’altra nuova ipotesi circa l’ubicazione della domus templare frutto di ulteriori ricerche su documenti relativi all’Ordine ospitaliero.
Non è circostanza rara che nei cabrei, o più in generale, nei documenti riguardanti l’Ordine di Malta, sebbene a distanza di alcuni secoli dal passaggio dei beni templari agli ospitalieri, si trovi traccia esplicita o implicita della memoria templare, sovente nella toponomastica relativa ai beni fondiari, se non proprio nel titolo di alcune commende. (4) Volendo restare in Puglia si possono menzionare due esempi: quello della chiesa di Santa Maria del Tempio a Lecce nel 1654 «In primis una chiesa nominata anticamente Santa Maria del Tempio sita d’entro detta città di Lecce, poco distante dalla piazza, nella contrada della Spetiaria, petteggio di Santo Martino, con suo cortiglio e cisterna; hoggi nominata la Madonna della Sanità, detto cortiglio, e cisterna quasi rovinati» (5) e diverse proprietà già templari e poi dei giovanniti a Barletta in un lasso temporale che va dal XVI al XVIII secolo. Nel Cinquecento in diversi atti notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Bari, sezione di Trani, è citato un «cluso Templi» dal 1534 al 1574, (6) nel Codice Diplomatico barlettano è menzionato un «loco Templi» nel 1557 (7) e un «loco dicto lo templo» nel 1574; (8) nel 1760 è menzionato un terreno del Capitolo di Barletta «nel luogo detto il Tempio», (9) mentre in un cabreo del Priorato di Barletta del 1774 è menzionata una «una contrada del tempio» (10) e una delle 24 tavole che raffigurano i beni dell’Ordine di Malta in questa città è denominata: “Pianta del Tempio ne Ristretti di Barletta di Ve 65. V.li 2 or 50” nel quale è menzionato un «territorio del Tempio». (11) Appare chiaro come ancora alla fine del XVIII secolo nella toponomastica di Barletta era rimasta traccia delle antiche proprietà templari. Tuttavia bisogna anche tenere presente come in alcune circostanze la presenza della specificazione “del Tempio” può essere anche fuorviante. Un caso che si può portare come esempio è relativo al territorio di Giovinazzo ed è stato oggetto di studio da parte di chi scrive. (12) In questa località nel 1332 è attestata «in loco Piczani una granciam que fuit Templi» (13) che in quell’anno apparteneva all’Ordine ospitaliero. Nel territorio di Giovinazzo esiste a tutt’oggi una località denominata “Fondo del Tempio”, situata a circa 1 km a sud della cittadina, presso la strada provinciale per Bitonto e nelle vicinanze della chiesa di Santa Maria della Misericordia; tale località aveva già questa denominazione all’inizio del XVI secolo, come risulta da un Censuario del Capitolo di Giovinazzo dell’anno 1509 (come «fundo de lo templo») (14) Un autore (15) ha pensato di individuare l’ubicazione della grancia templare nel toponimo Fondo del Tempio che appare come un chiaro riferimento all’Ordine rossocrociato. Ad un più attento esame, risulta però improbabile che il Fondo del Tempio tragga la propria denominazione dalla presenza della grancia, quanto piuttosto dalla presenza di un tempio romano dedicato a Minerva che si trovava nei pressi della chiesa della Misericordia: «Nelle vicinanze della chiesetta della Madonna della Misericordia, a circa un chilometro dal centro della città, sorgeva una volta un tempio pagano, ed il luogo nel Catasto dell’agro di Giovinazzo è ancor oggi detto Fondo del Tempio; quivi si vedevano ancora dei ruderi e pezzi di colonne nella villa che fu del Duca di Giovinazzo, poi dei Siciliano, oggi venduta dall’ultimo erede di tal nobile casata. Quivi parecchie monete d’argento e bronzo furono trovate, e anche qui un’urna sepolcrale di una donzelletta Petilia Secondina, figlia di Messia, sacerdotessa di Minerva». (16)
Tornando a Ruvo di Puglia, nel cabreo della commenda di San Giacomo e San Filippo dell’Ordine di Malta del 1618 (17) sono menzionate quattro proprietà che con buona probabilità, il condizionale è sempre opportuno, furono dei templari. La prima delle quattro proprietà fondiarie era ubicata nel territorio di Ruvo «in loco detto Valla di Noe, seu lo chiano del tempio», (18) si trattava di una vigna (19) e mezza circa di terra coltivata a vigneto con alcuni alberi di olivo («vineam unam cum dimidio in circa vituum arboratam arboribus olivarum») che era tenuta a censo da un religioso, il reverendo D. Francesco Antonio Tambone di Ruvo. L’appezzamento di terra confinava con una vigna di Giulio de Palma, con un’altra vigna di D. Francesco Antonio Tambone, con due orti (cocublinam) appartenenti rispettivamente a Giovanni Marino de Palma e Angelo Camerino. Tale proprietà rendeva alla commenda gerosolimitana un canone enfiteutico perpetuo di 11 grani. La seconda proprietà era ubicata nella medesima località denominata nel cabreo «Valle di Noe, seu lo piano del tempio»: (20) si trattava di 30 ordini (21) coltivati a vite con alcuni alberi di olivo e altri alberi («urdines triginta in circa vituum arboratos arboribus olivarum aliarumque arborum») tenuti a censo perpetuo da Octavius Cloria di Ruvo e confinanti con un’altra vigna del medesimo Ottavio e la strada pubblica («carraram publicam»); la commenda otteneva da questa proprietà una rendita di 27 grani e mezzo. Sempre nella medesima località si trovava la terza proprietà appartenuta ai templari; si trattava di una vigna di terra coltivata a vigneto («vineam unam in circa vituum arboratam arboribus olivarum» (22) ) ubicata «in loco detto la carrara seu lo chiano del tempio» che era tenuta in enfiteusi perpetua da Scipio Mazzone di Ruvo che l’aveva ricevuta a titolo di dote dal fu Bartolomeo Scarnicella; essa confinava con l’oliveto di Ottavii Clorie, molto probabilmente si tratta delle proprietà di questa persona menzionate in precedenza, con le vigne di Nicola Angelo Ruta, e con la mezza vigna di Alessandro Feudis e con la strada pubblica («carraram publicam»); il reddito derivante da questo appezzamento di terra percepito dalla commenda ammontava a 12 grani e mezzo. Dal cabreo del 1618 emerge l’esistenza di una località all’epoca ancora nota come “chiano” (23) o “piano del tempio”; le proprietà menzionate e date in enfiteusi ad abitanti del posto in epoca templare dovevano costituire un unico e vasto appezzamento: in effetti alcune proprietà risultano in due casi tra loro confinanti e poste vicino la medesima strada pubblica. L’estensione è desumibile dal fatto che il “piano del tempio” si trovava parte nella località denominata “Valla di Noe” e parte nella località denominata “la Carrara”. Proprio partendo da questi ultimi toponimi si può cercare di individuare l’ubicazione dell’antica proprietà templare: non vi è più traccia attualmente della denominazione “Piano del tempio”, che già nel 1618 sembra essere una denominazione secondaria come risulta dalla definizione della località («loco detto Valle di Noe, seu lo piano del tempio, loco detto la carrara seu lo chiano del tempio»), mentre esistono ancora nella toponomastica Valle di Noè e Carrare. Il primo toponimo sussiste in una strada denominata via di Valle Noè; essa inizia da piazza Bovio, anticamente denominata largo di Porta di Noè ove si trovava la porta a sud-est della città, passa al lato della chiesa di San Domenico e la struttura che fu il convento del SS. Rosario dei padri predicatori, prosegue sino ad incrociare l’extramurale Scarlatti e continua oltre verso la S.P. 271 sino a confluire in una complanare. In epoca passata tutta la zona compresa oltre la Porta di Noè, delimitata dalla strada per Altamura da un lato e da quella per Palo dall’altro, era denominata Valle di Noè, una vasta area caratterizzata da un avvallamento con pascoli e acquitrini, come si desume dal termine medievale “noa” riportato nel lessico del Du Cange: «locus pascuus, sed oliginosus et aquis irriguus». (24) Nello Stradario di Ruvo di Puglia si legge alla voce “Via Valle Noè”: «Strada che conduce ad una vecchia valle dove un tempo si raccoglievano le acque piovane». (25) La presenza di raccolta di acque in superficie è rimasta in una località limitrofa denominata Pantano, (26) una depressione di terreno a forma di conca con uno specchio di acqua di circa tre 3 ha e bacino imbrifero di circa 7 chilometri quadrati che fu bonificato nel 1926. Il toponimo la Carrara è rimasto in una strada vicinale denominata “Carrare” e nella zona al di là di tale strada, ubicata a sud del centro urbano che si estende tra la S.P. 151 Ruvo-Altamura e la S.P. 22 Ruvo-Palombaio. Tenendo presente le indicazioni fornite nel cabreo, ovvero che il “Piano del tempio” si trovava sia in località Valle di Noè che in località la Carrara e confinava con una strada pubblica, probabilmente l’attuale strada vicinale Carrare, (27) possiamo individuare con molta approssimazione l’ubicazione di questa antica proprietà templare nella Fig. 1 nell’area compresa tra la S.P. 151 Ruvo-Altamura, la strada vicinale Carrare, la strada vicinale Capo di Casale e la S.P. 22 Ruvo-Palombaio. La zona della cartina individuata dal rettangolo è quella in cui è maggiormente probabile l’ubicazione del “Piano del tempio”.
Oltre a questa località menzionata per ben tre volte con altrettante distinte proprietà, nel cabreo del 1618 è riportata un’altra proprietà che lascia supporre dei legami con l’Ordine templare. Si tratta di un appezzamento di terra dell’estensione di 20 ordini con alcuni alberi di olivo e alberi di altro genere non specificato: «terre arborate diversis arboribus arboribus olivarum» ubicato «in loco detto allo tempio, all’antica vicinale che esce a Valle di Noè». (28) Tale terreno, tenuto in censo dal convento domenicano del SS. Rosario rappresentato da fra’ Marino Gatta di Ruvo, confinava con le terre beneficiali di Francesco Villani, una vigna di Giovanni Francesco Rafaeli, una chiusura degli eredi del fu Benedetto Villani e rendeva alla commenda annualmente 4 grani e 3 cavalli. Dalla diversa denominazione si desume che si tratta di una località distinta dal “Piano del tempio”. In questo caso è menzionata una strada (l’antica vicinale) che si immetteva nel vasto territorio a sud-est della città denominato Valle di Noè. Anche in questa circostanza, tuttavia, non vi sono elementi per una individuazione univoca della località nel territorio di Ruvo, ma è possibile fare solo delle ipotesi nell’ambito di una porzione di territorio abbastanza vasta a sud-est dell’abitato. Oltre alla proprietà menzionata in precedenza, i padri domenicani avevano in censo altri beni della commenda. (29) Il convento del SS. Rosario era sorto poco fuori delle mura di Ruvo, (30) a non molta distanza dalla porta che usciva a sud-est (Porta di Noè) intorno al 1560. (31) Le proprietà della commenda tenute in censo in alcuni casi erano assai prossime al convento: è il caso di una «cocublina (32) parietibus circumdatam» con «piscina (33) et cortileum» che si trovava sulla via pubblica per Bitonto, l’attuale via Madonna delle Grazie; oppure di una «corticella in loco detto fuora a porta di Noè» che si trovava anni addietro ove nel 1618 sorgeva la chiesa del SS. Rosario; una terza proprietà, un terreno coltivato a vite con delle vasche per la macerazione del mosto (curaturi) si trovava in località Valle di Noè, ma più al di fuori della città, confinante con l’omonima via e la strada pubblica Pantanelli, ancora oggi esistente e denominata strada vicinale Pantanelle, così come la contrada Pantanello. (34) Rimane difficoltoso individuare al presente il «loco detto allo tempio», così come l’«antica vicinale che esce a Valle di Noè». È da escludere che tale località fosse nei pressi del convento del SS. Rosario, in quanto la coltura dell’olivo non era tipica della zona appena fuori delle mura, ove di solito invece trovavano spazio le colture ortive. L’unica cosa che possiamo affermare con certezza è l’ubicazione a sud di Ruvo.
Alcune delle precedenti proprietà ex templari sono menzionate anche in un altro cabreo del 1646 sempre della commenda di San Giacomo e San Filippo di Ruvo, sebbene in questo inventario se ne riportano solo due e non quattro. Si tratta in un caso della località «dove si dice lo piano del tempio» (35) qui Antonio Bonadia aveva in censo delle vigne che furono di Scipione Mazzone confinanti con le vigne di Angelo de Feudis; tali vigne rendevano alla commenda 12 grani e mezzo. Quasi sicuramente si tratta della medesima proprietà menzionata nel cabreo del 1618 «in loco detto la carrara seu lo chiano del tempio», in quanto aventi la medesima rendita per la commenda e soprattutto in quanto nel cabreo del 1646 è nominato Scipione Mazzone, il precedente titolare dell’enfiteusi citato anche nel cabreo del 1618. La seconda proprietà è quella tenuta a censo dal convento del SS. Rosario «in loco detto il tempio la via di Valle di Noe»; (36) si trattava di 20 ordini di terra arborati che rendevano alla commenda 4 grani e 4 cavalli. L’indicazione che si ricava dal cabreo del 1646 , ossia che la proprietà confinava con la via di Valle di Noè, ci fornisce un dettaglio più preciso per individuarne l’ubicazione che però rimane alquanto incerta, anche in ragione del fatto che probabilmente l’antico tracciato della via in questione attualmente non esiste più, in quanto essa termina confluendo nella complanare della S.P. 231, ma anticamente doveva continuare.
Dai due cabrei secenteschi della commenda di San Giacomo e San Filippo di Ruvo sono state desunte delle importanti informazioni che rimandano ad un antico passato templare, avendo resistito il toponimo a ben tre secoli dalla soppressione dell’Ordine. Tale circostanza non è molto rara ed è ben attestata anche in Puglia. Scrive Imperio: «A seicento anni dalla soppressione dell’Ordine del Tempio, esistono ancora toponimi che ne indicano chiaramente la presenza e sono decisamente applicabili in maniera specifica alla storia templare». (37) Questa autrice individua due tipologie di toponimi templari: quelli relativi alla vita e all’organizzazione dell’Ordine e quelli concernenti l’intitolazione di insediamenti e chiese. Alla prima categoria appartiene il toponimo Tempio: «difficilmente questo toponimo si trova da solo come nel caso di Latisana (il Tempio) dove resta ad indicare la zona dell’ex insediamento templare. Di solito lo si trova sempre accompagnato da titoli di santi o nomi comuni: S. Giovanni del Tempio, S. Maria del Tempio, Case del Tempio, Marcato del Tempio, Costa Templar. A proposito di questo toponimo occorre verificare se esso è medievale o preesistente, nel secondo caso è da scartare trattandosi certamente del ricordo di un tempio pagano». (38) A tale tipologia sembrerebbero appartenere i due toponimi riscontati nel cabrei del XVII secolo della commenda di Ruvo «piano del tempio» e «loco detto allo tempio». Appare piuttosto difficile che il “tempio” menzionato nei due cabrei possa essere un riferimento ad un antico tempio pagano, alla stessa stregua del caso riferito a Giovinazzo menzionato in precedenza, in quanto il territorio rubastino è stato ampliamente studiato dal punto di vista archeologico con il ritrovamento di diverse tombe, (39) ma non è mai stata trovata traccia di edifici sacri di qualche divinità pagana. Inoltre appare piuttosto improbabile che un eventuale tempio potesse essere ubicato in una zona in epoca medievale denominata “noa”, e quindi a maggior ragione in epoca antica, e sicuramente acquitrinosa e probabilmente malsana. Occorre anche considerare la circostanza che le località nel caso di Ruvo sono menzionate in documenti dell’Ordine giovannita, erede dei beni templari, mentre nel caso di Giovinazzo si trattava di un censuario del Capitolo di quella città. Purtroppo le indicazioni riportate nei cabrei non permettono di individuare sul territorio esattamente dove erano ubicate le proprietà che furono dei templari, di sicuro erano a sud-est della città, in una vasta area compresa tra la S.P. 151 Ruvo-Altamura e la S.P. 22 Ruvo-Palombaio. In una circostanza, sulla base delle indicazioni presenti nel cabreo, abbiamo proposto una probabile ubicazione.

2. Alcune nuove considerazioni sui rapporti tra templari e la chiesa di Calentano

Vogliamo tornare nuovamente sulla questione, già affrontata in altra sede, (40) dei rapporti tra i templari e il Santuario mariano di Calentano. L’occasione ci è offerta da una conferenza (41) tenutasi nel mese di agosto 2012 presso il Santuario nell’ambito di una manifestazione culturale organizzata all’interno dell’estate calentanese nella quale si è parlato anche di templari. Il primo a proporre, seppure in termini probabilistici, la teoria relativa ai rapporti tra la chiesa di Calentano e i templari è stato Bramato del quale si riportano per maggiore chiarezza le testuali parole: «Qualche chilometro più a sud vi era la fondazione rossocrociata di Ruvo di Puglia, identificabile, forse, con la chiesa di S. Maria di Calentano». (42) Bramato non ha alcuna certezza; purtroppo questo passo è stato spesso usato per attribuire con sicurezza la chiesa in questione all’Ordine templare. Occorre ricordare come, prima della pubblicazione di Bramato, nessun autore o studioso locale che si era occupato del Santuario mariano di Calentano l’aveva messo in relazione con i templari. Si vuole riportare anche quanto Bramato cita nella nota di rimando a piè di pagina: «Un recente studio ha delineato le principali vicende del santuario rubastino di S. Maria di Calentano. Di particolare interesse sono le notizie al periodo teutonico della storia del santuario ed i collegamenti fra gli affreschi basiliani dell’abside con quelli di S. Vito Vecchio di Gravina (cfr. V. Pellegrini, Sguardo retrospettivo, Molfetta, Mezzina, 1973, pp. 13-31) attribuiti da Kurt Weitzmann all’opera di un “maestro templare” (cfr. K. Weitzmann, Icon painting in theCrusader Kingdom in «Dumbartom Oaks Papers», XX (1966), pp. 69 ss)». (43) In primo luogo si fa riferimento ad un “periodo teutonico della storia del santuario” sostenuto da Pellegrini, (44) ma che in realtà non esiste in quanto, nei più recenti studi (45) sull’Ordine teutonico in Puglia, Calentano non figura tra i possedimenti di questo Ordine. In secondo luogo vi è il riferimento all’affresco, purtroppo molto deteriorato, presente nell’abside della vecchia chiesa e attuale sacrestia. Ad una prima analisi sembrerebbe che l’affresco di Calentano sia stato visto e studiato dallo storico dell’arte Weitzmann che ne avrebbe parlato nel suo saggio del 1966 sull’arte crociata. Tale interpretazione è stato proposta anche dalla dottoressa Berardi nella conferenza summenzionata. Purtroppo anche questa considerazione non corrisponde al vero. Esaminando l’articolo di Weitzmann nel passo in cui tratta del master of the Knights templars (46) non si trova alcun riferimento all’affresco di Calentano, ma l’autore menziona solo quelli della cripta di San Vito Vecchio a Gravina. (47) Rileggendo attentamente la nota di Bramato si comprende come l’attribuzione al “maestro templare” dell’affresco di Calentano (48) sia indiretta ed operata dallo stesso Bramato, (49) il quale ritiene che questo somigli a quello della chiesa di San Vito Vecchio di Gravina attribuito da Weitzmann al master of the Knights templars; quindi per transitività Bramato ipotizza che anche l’affresco di Calentano possa essere della stessa mano di quello di Gravina. (50) Anche con queste precisazioni restiamo dell’opinione che difficilmente la chiesa di Santa Maria di Calentano ebbe qualche rapporto con l’Ordine templare, sebbene sia plausibile un legame con il master of the Knights templars proposto da Weitzmann; (51) occorre precisare tuttavia che tale pittore non affrescava in modo esclusivo chiese appartenute all’Ordine, come del resto dimostrerebbe la chiesa di San Vito Vecchio di Gravina, (52) e non è un argomento valido per sostenere che la domus templare di Ruvo era presso Santa Maria di Calentano. Qualche autore (53) ha affermato che un ulteriore elemento per individuare nel santuario di Calentano la sede templare è la denominazione della contrada nei pressi dello stesso, nota come “Pezze della Bagliva”.
Il termine “bagliva” secondo questo autore sarebbe da porre in relazione con baliva o balia, altro termine con il quale erano noti gli insediamenti templari. Ma ad un’analisi più accurata si scopre che il termine in questione non ha nulla a che vedere con l’Ordine rossocrociato, ma trae le origini nel XVI secolo con l’istituzione della bagliva nel feudo di Ruvo, ossia ad un’autorità preposta all’esazione dei diritti e delle tasse dovuti prima al re e poi al feudatario. (54)
Un’indicazione sull’ubicazione della fondazione templare all’interno della cinta muraria cittadina o nei suoi immediati pressi ci è fornita da un documento del 1308 relativo alla cattura di fra’ Stefano di Antiochia nei pressi della domus rubastina; qui è detto chiaramente: «domo eiusdem templi que est in Rubo». (55) La fondazione era di sicuro nella città o nelle sue immediate vicinanze e non nel territorio o nelle pertinenze di Ruvo. Questa considerazione escluderebbe in toto l’ubicazione presso la chiesa di Calentano che dista circa 8 km dalla città.

3. Una nuova ipotesi sull’ubicazione della domus templi di Ruvo

A conclusione del presente contributo vogliamo proporre una nuova ipotesi circa l’ubicazione della precettoria templare di Ruvo; essa è stata formulata a seguito dell’esame dei due già menzionati cabrei dell’Ordine di Malta. Si è in precedenza accennato ad una prima ipotesi da noi stessi formulata, giustificata principalmente, oltre che dall’appartenenza all’Ordine giovannita, dalla posizione a ridosso della cinta muraria, nei pressi di una porta della città e a non molta distanza da un importante asse viario (via Traiana). Tenendo presente che gli insediamenti templari urbani erano «spesso situati vicino alle mura o a una porta della città» (56) abbiamo ritenuto che la chiesa di San Giacomo ben si prestava alla nostra ipotesi. (57) Dall’analisi del cabreo del 1618 è emerso che la commenda oltre a possedere la chiesa di San Giacomo (all’epoca intitolata anche a San Filippo (58)), che era quella principale e dava il titolo alla commenda, aveva una seconda chiesa sotto il titolo di Santa Maria Maddalena: «Commende Santi Jacobi et Philippi intus predetta civitatem Ruborum prope menia eiusdem, nec non et Sante Marie Magdalene extra menia et proprie in plano vulgariter detto di porta di Noe, ante venerabilem conventum Smi Rosarij». (59) Si desume che tale chiesa era ubicata nel largo che si trovava al di fuori della porta sud-orientale della città di Ruvo, di fronte al convento del SS. Rosario dei padri predicatori. Vi sono notizie molto scarse su di essa da parte degli storici locali, ad esempio era ignota l’appartenenza all’Ordine di Malta; Lojodice (60) scriveva che fuori di Porta di Noè esistevano due chiese prima dell’edificazione del convento del SS. Rosario: una dedicata a Santa Maria Maddalena e l’altra a Santa Caterina con annesso un convento, tali informazioni erano desunte da un censuario del 1566 (61) del vescovo Giovan Francesco de Mirto; entrambe le chiese furono distrutte; secondo Lojodice intorno alla metà del XVI secolo forse sulle rovine della chiesa di santa Caterina sorse il convento dei padri domenicani. Anche Pellegrini (62) fa riferimento al predetto censuario e riporta dell’esistenza dei beni del convento di Santa Caterina e inoltre afferma che furono distrutte per le antiche guerre ed erano in rovina la chiesa della Maddalena e quella di tutti i Santi fuori di Porta di Noè. Queste le notizie riportate dagli storici locali. Da una pergamena inedita conservata presso la Biblioteca della Provincia di Bari si viene ad apprendere che tale chiesa esisteva già nel XV secolo e apparteneva sempre all’Ordine giovannita. Nel 1483 fra’ Matteo d’Aragona, titolare della precettoria della SS. Trinità di Venosa e commendatore di Ruvo concedeva a fra’ Diomede Sassone di Lauro la grancia di Ruvo che comprendeva due chiese: quella di San Giacomo e quella di Santa Maria Maddalena («santi Jacobus et sante Amadalene civitatis Ruvij ordinis hyerosolimitani» (63)). Mentre di San Giacomo sappiamo dell’esistenza già nel 1396, (64) da tale pergamena si attinge la più antica notizia circa la chiesa di Santa Maria Maddalena che esisteva ancora nel 1618, sebbene non è specificato nel cabreo lo stato di conservazione, ma ne è menzionata solo l’ubicazione; tuttavia, poiché non viene detto esplicitamente che era diruta oppure che era in rovina o che versava in cattive condizioni, è lecito supporre che fosse in discrete condizioni. Dal cabreo del 1618 la chiesa di Santa Maria Maddalena appare come una chiesa secondaria della commenda, essendo quella di San Giacomo la principale ed avendo edificato da poco un’altra chiesa dedicata a San Leonardo attigua a quella di San Giacomo. (65) Mentre della chiesa di San Giacomo vengono specificati i confini e che possedeva un giardino con un pozzo, di San Leonardo che era attigua a San Giacomo ed era stata costruita da poco tempo, di Santa Maria Maddalena invece non è detto null’altro in più rispetto alla sua ubicazione. Molto probabilmente nel 1646 la chiesa in questione doveva essere crollata e non era più esistente in quanto nel cabreo di quell’anno non ne viene fatta più alcuna menzione, mentre sono citate e descritte le altre due chiese. (66)
La nostra nuova ipotesi prevede che la domus templare di Ruvo fosse ubicata presso la chiesa di Santa Maria Maddalena. Nel nostro precedente lavoro, nel quale avevamo esposto l’ipotesi che la precettoria templare fosse costituita dalla chiesa di San Giacomo, avevamo sostenuto che l’insediamento degli ospitalieri nella città di Ruvo fosse stato piuttosto tardo e legato all’acquisizione dei beni templari, anche in virtù della circostanza che la prima attestazione di un insediamento giovannita risale al 1366. (67) L’aver scoperto che l’Ordine ospitaliero possedeva a Ruvo anche una seconda chiesa da prima del 1483 ci ha fatto cambiare opinione, ritenendo che la chiesa di San Giacomo fu con ogni probabilità di fondazione ospitaliera, dato anche che dava il titolo all’insediamento, mentre potrebbe essere di provenienza templare la chiesa di Santa Maria Maddalena, anche in virtù dell’intitolazione di tale chiesa: ad esempio nei pressi di Parma vi era la domus di Santa Maria Maddalena di Cerro di Toccalmatto, (68) mentre a Bologna possedevano la chiesa di Santa Maria Maddalena de Turlionibus. (69) In Francia sono attestate diverse chiese o precettorie intitolate a Santa Maria Maddalena: a Clisson, (70) regione della Loira, la chiesa è documentata nel 1150; a Provins (71) una delle due precettorie templari era intitolata a Santa Maria Maddalena; ad Albi, nella regione del Midi- Pirenei, la precettoria di Vaour possedeva la chiesa di Maria Maddalena; a Hédé, 25 km a nord di Rennes vi era una chiesa intitolata alla Santa; la precettoria di La Saulsotte-Resson, regione dell’Ardenne- Champagne, aveva una chiesa edificata tra il XII e il XIII secolo dedicata alla Maddalena; la precettoria di Digione (72) era nota come le Temple de la Madeleine; a La Roche-des-Arnauds (73) (Hautes-Alpes) vi erano la chiesa e l’ospedale dedicati a Santa Maria Maddalena; a Limerzel (74) (Bretagna) e Villefranche sur Cher (Centro) vi era una chiesa di Santa Maria Maddalena appartenuta ai templari. Circa l’intitolazione delle chiese e precettorie templari scrive Imperio: «Il titolo più frequente, attribuito alle case e chiese del Tempio, era S. Maria. L’alto numero di proprietà del Tempio dedicate alla Madonna non ci meraviglia affatto, dato l’amore e la devozione particolare che essi le tributavano. […] Ma, come tutte le comunità reli- giose, anche i templari, avevano dei santi, oltre gli Apostoli, ai quali tributavano particolare devozione. Nel Breviario del Tem- pio ne troviamo elencati alcuni: […] S. Maria Maddalena». (75) Tuttavia la questione dell’intitolazione è abbastanza marginale; anche in tale circostanza, come nel caso di San Giacomo, è la posizione della chiesa di Santa Maria Maddalena a suggerirci l’eventualità che sia stata templare. L’ubicazione di tale chiesa era abbastanza strategica: (76) nel largo di Porta di Noè, a poca distanza dalla porta sud-orientale del centro urbano e dalla mura cittadine; una posizione a cerniera tra città e campagna che da un lato consentiva il controllo del territorio e di diverse importanti vie di comunicazione, dall’altro garantiva un pieno contatto con il centro abitato trovandosi a pochissima distanza da esso. Sembrerebbe una posizione che ricalca quella tipica templare per gli insediamenti urbani; (77) trovandosi nel largo davanti Porta di Noè (Fig. 2, n.1) consentiva il controllo di quattro importanti strade che uscivano da Ruvo. La prima era la strada per Bitonto, l’antica via Traiana, che corrisponde all’attuale via Madonna delle Grazie (n. 4); la seconda era la strada per Palo del Colle che per un primo tratto coincideva con la strada per Bitonto per poi seguire un altro tracciato dopo il Santuario della Madonne delle Grazie corrispondente grossomodo all’attuale S.P. 22 Ruvo-Palombaio; la terza strada era quella per Terlizzi (n. 5) che partiva dall’attuale Piazza Bovio, proseguiva per via Aldo Moro e la strada vicinale vecchia di Terlizzi; la quarta arteria era la via per Altamura che per il tratto iniziale coincideva con l’attuale via Valle Noè (n. 3) e poi proseguiva grosso modo seguendo il tracciato della S.P. 151 Ruvo-Altamura. Da quanto esposto in precedenza si comprende bene come la posizione di Santa Maria Mad- dalena fosse probabilmente più strategica di quella di San Giacomo, (78) non fosse altro per il numero di direttrici viarie che consentiva di controllare. Risulta difficile rintracciare l’esatta ubicazione della chiesa nel largo di Porta di Noè; il cabreo del 1618 riporta «extra menia et proprie in plano vulgariter detto di porta di Noe, ante venerabilem conventum Smi Rosarij». (79) In base a questa indicazione, tenendo presente che la chiesa era in asse rispetto al convento (80) con la facciata rivolta verso la strada per Bitonto (attuale via Madonna delle Grazie), possiamo supporre che essa potesse trovarsi o sul lato verso la strada di Bitonto o su quello verso via Valle di Noè, sebbene nel cabreo non venga fatto alcun riferimento a tali strade. Dal medesimo cabreo risulta che la commenda possedeva diverse proprietà appena fuori Porta di Noè: una cocevolina circondata da un muretto dell’estensione di una vigna «in loco detto fuori di Porta di Noe ante Venerabilem Conventum Smi. Rosarij» (81) confinante, tra l’altro, con una non meglio specificata via pubblica (82) e un palmento appartenuto a Giulio Menna; uno «spatium magnum terre» (83) ubicato fuori di Porta di Noya e confinante con «parietem seu murum palmento heredum quondam Julij Carrafe, et erant Julij Menne, iuxta viam publicam di Valle di Noe, iuxta viam publicam Pantani […] iuxta ecclesiam Smi Rosarij, iuxta viam publicam Bitunti»; un’altra cocevolina di sei ordini vicina alla precedente proprietà. (84) Tali proprietà vengono menzionate anche nel cabreo del 1646, sebbene con minore precisione in merito ai confini e alla localizzazione: la cocevolina «fuora la Porta di Noè […] avante il monastero del Rosario», (85) «lo largo fuora la Porta di Noè», (86) «una cortaglia […] fuora della Porta di Noè dove al presente si trova edificata la chiesa del Rosario giusta la via di Bitonto». (87) Tenendo presente quanto riportato in precedenza in merito alle proprietà fuori della Porta di Noè riteniamo che l’ubicazione più probabile per la chiesa di Santa Maria Maddalena sia dal lato di via Madonna delle Grazie (n. 7), infatti bisogna notare come nei confini del 1618 dei beni fondiari essa non viene mai menzionata. Lo spatium magnum terre, tenuto in censo dall’Università di Ruvo, sembrerebbe essere una vasta estensione che abbracciava quasi tutto lo spazio di piazza Bovio, tanto è che nel 1646 viene definito semplicemente come “largo”; esso andava dalla via Pantano (n. 2) sino alla via di Bitonto (n. 4), passando per via Valle Noè (n. 3) e la chiesa del Rosario (n. 6). Da quanto descritto nei cabrei del 1618 e del 1646 la commenda possedeva quasi per l’intorno le terre che si trovavano fuori di Porta di Noè, probabilmente tali terre erano collegate al possesso di Santa Maria Maddalena che era ubicata nei pressi. Se fosse vera l’ipotesi che essa fu la domus templare, potrebbe anche darsi che tali terre siano appartenute all’Ordine rossocrociato.
Al momento non vi è nessun elemento ulteriore a sostegno della nostra ipotesi se non la posizione strategica, tipica delle fondazioni urbane templari, e il possesso da parte dell’Ordine giovannita della chiesa almeno dal 1483. Tutto si riduce a comprendere quando e da chi tale Ordine abbia acquisito la chiesa di Santa Maria Maddalena.
Fig. 1 – Probabile ubicazione della località Piano del Tempio nel territorio di Ruvo di Puglia: (1) SP n. 151 Ruvo-Altamura – (2) Strada vicinale Carrare – (3) SP n. 22 Ruvo-Palombaio – (4) Località Carrare – (5) Località Pennino (elaborazione su cartografia IGM, F. 177-III NO)
fig.1
Fig. 2 – Probabile ubicazione della chiesa di Santa Maria Maddalena nel Largo di Porta di Noè
(1) Porta di Noè
(2) Via Pantano
(3) Via Valle Noè (direzione Altamura)
(4) Via Madonna delle Grazie (direzione Bitonto e Palo del colle) (5) Via Terlizzi
(6) Convento del SS. Rosario
(7) Probabile ubicazione di Santa Maria Maddalena
(elaborazione su pianta di Ruvo di Puglia del 1915 pubblicata da Lojodice)
fig.2
Bibliografia
CRT-
Atti del Convegno di Ricerche templari, a cura della Larti (a cura della Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani)
(il numero romano che segue indica la progressione delle edizioni dei convegni).
– L. Imperio, Metodologia di ricerca attraverso la toponomastica templare, in I primi 10 convegni della L.A.R.T.I. – II volume. Atti di Ricerche Templari del 4° e 5° convegno, Torino, 2008, pp. 83-98.
– V. Ricci, I Templari nella Puglia medievale, Bari 2009.
– id., Presenza templare a Ruvo di Puglia, in «Il Rubastino», 3 (2009), p. 7.
– id., L’Ordine dell’Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta a Ruvo (secc. XIII-XVIII), in «Cronache medievali», 34 (2011), pp. 13-16.
– id., La Commenda gerosolimitana di S. Giacomo di Ruvo, in «Il Rubastino», 1 (2012), pp. 10-11.
– V. Ricci, E.A. Serafino, Un’ipotesi sulla domus templare di Ruvo di Puglia, in CRT-XXVIII (Anghiari, 18-19 settembre 2010), Tuscania 2011, pp. 45-53.
Fonti inedite
– National Library of Malta (NLM), Archivio dell’Ordine di Malta (AOM), n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1618. NLM, AOM, n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1646.
– Biblioteca Provinciale di Bari “De Gemmis”, Fondo pergamenaceo de Gemmis, n. 41.
Note
1) Sulla presenza templare a Ruvo di Puglia vds V. Ricci, I Templari nella Puglia medievale, Bari 2009, pp. 65-66; id., Presenza templare a Ruvo di Puglia in «Il Rubastino», 3 (2009), p. 7.
2) V. Ricci, E.A. Serafino, Un’ipotesi sulla domus templare di Ruvo di Puglia, in CRT-XXVIII (Anghiari 18-19 settembre 2010), Tuscania 2011, pp. 45-53.
3) Sulla presenza dell’Ordine giovannita a Ruvo di Puglia vds V. Ricci, L’Ordine dell’Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta a Ruvo (secc. XIII-XVIII), in «Cronache medievali», 34 (2011), pp. 13-16; id., La Commenda gerosolimitana di S. Giacomo di Ruvo, in «Il Rubastino», 1 (2012), pp. 10-11.
4) A titolo esemplificativo se ne riportano alcune: San Giovanni del Tempio di Regnaldello di Città di Castello (1787), San Giovanni del Tempio di Ascoli Piceno (1587-1670,1701-03), Santa Maria del Tempio di Casale Monferrato (1646,1775), Santa Maria Maddalena del Tempio di Parma (1580-1640, 1664), San Giovanni del Tempio di Sacile (Pordenone) (1774), San Giovanni Battista del Tempio di Pistoia (1775).
5) Archivio di Stato di Napoli, Ordine di Malta, Cabrei, n. 41, f. 55.
6) F. Tommasi, Fonti epigrafiche dalla Domus Templi di Barletta per la cronotassi degli ultimi Maestri Provinciali dell’Ordine nel Regno di Sicilia, in Militia Sacra. Gli Ordini militari in Europa e Terrasanta, a cura di E. Coli, M. De Marco, F. Tommasi, Perugia 1994, pp. 172-173, in particolare le note nn. 47e48.
7) Codice diplomatico barlettano, vol. VIII, a cura di S. Santeramo, C.E. Borgia, Barletta 1990, doc. n. 436.
8) Ivi, vol. X, doc. n. 207.
9) F. Tommasi, cit., pp. 172-173, in particolare la nota n. 49.
10) Ivi, nota n. 50.
11) O. Cilli, Nuovi particolari sulla precettoria templare di Barletta, in CRT- XX (Barletta, 7-8 settembre 2002), Latina 2002, pp. 16-17.
12) V. Ricci, Presenza degli Ordini monastico-cavallereschi a Giovinazzo tra Medioevo e prima Età moderna (secc. XIV-XVI), in «Studi Bitontini», 89 (2010), pp. 49-61.
13) Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV Apulia, Lucania, Calabria, a cura di D. Vendola, Città del Vaticano 1939, p. 70.
14) F. Carabellese, La Puglia nel secolo XV, vol. II, Bari 1908, p. 250.
15) M.I. De Santis, Toponimi prediali negli agri Rubustinus e Butuntinus, Molfetta 1986, p. 30.
16) S. Daconto, Saggio storico sull’antica città di Giovinazzo, Giovinazzo 1927.
17) National Library Malta (NLM), Archivio dell’Ordine di Malta (AOM), n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1618. 18) Ivi, f. 15v.
19) Il valore della vigna corrisponde a 43,74 are, ossia a 4.374 mq. L’appezzamento di terra in questione aveva quindi un’estensione di 65,61 are.
20) NLM, AOM, n. 6011, cit., f. 20r.
21) Il valore dell’ordine corrisponde a 87,48 mq. L’appezzamento di terra in questione aveva quindi un’estensione di 26,24 are.
22) NLM, AOM, n. 6011, cit., f. 32v.
23) “Chiano” è una variante dialettale di “piano”, inteso come “pianoro”. 24) Du Cange et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, vol. V , Paris 1938, p. 595.
24) Du Cange et al., Glossarium mediae et infimae latinitatis, vol. V , Paris 1938, p. 595.
25) Regione Puglia, Assessorato alla pubblica istruzione e cultura, Centro regionale servizi educativi e culturali, Stradario di Ruvo, Ruvo di Puglia 1985.
26) Esiste ancora nella toponomastica una via denominata Pantano, che parte da piazza Bovio ed è parallela a via Valle di Noè.
27) Il territorio a nord della strada vicinale Carrare è denominato Pennino, mentre quello a sud è denominato Carrare. La località Pennino è menzionata nel cabreo del 1646 come prossima a Valla di Noè.
28) NLM, AOM, n. 6011, cit., f. 28v.
29) Ibidem.
30) Il convento confina da un lato con via V alle Noè e dall’altro con via Madonna delle Grazie.
31) F. Di Palo, La chiesa e il convento del SS. Rosario (S. Domenico) a Ruvo, Fasano 1998, pp. 20 ss.
32) Si tratta di una cocevolina, un terra che produce ortaggi e legumi di facile cottura.
33) Vasca per la raccolta di acqua da usare per l’irrigazione.
34) È probabile che si trovasse ove l’attuale via Valle Noé confluisce in una complanare della S.P. 231.
35) NLM, AOM, n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1646, f. 26v.
36) Ivi, f. 29v.
37) L. Imperio, Metodologia di ricerca attraverso la toponomastica templare, in I primi 10 convegno della L.A.R.T.I. – atti di ricerche templari del IV e V convegno, vol. II, Torino 2008, p. 83.
38) Ivi, p. 88.
39) Cfr. A.C. Montanaro, Ruvo di Puglia e il suo territorio. Le necropoli, Roma 2007.
40) V . Ricci, E.A. Serafino, pp. 46-47.
41) Il titolo della conferenza era “Arte e storia nel Casale di Calentano”, i relatori il dott. F.A. Bernardi e la dott.ssa S. Berardi; il primo ha relazionato sugli aspetti storici, la seconda su quelli storico-artistici. Il dott. Bernardi ha esposto sia la teoria della presenza dei templari a Calentano proposta da Bramato e sia quella che nega tale presenza proposta da chi scrive e da E.A. Serafino.
42) F. Bramato, Storia dell’Ordine dei Templari in Italia. Fondazioni, Roma 1991, p. 144.
43) Ivi, nota n. 162.
44) Questo autore riferisce di un presunto legame con i teutonici in quanto in un’epigrafe del XV secolo viene menzionato un frate Andrea de Curnito che fece restaurare la chiesa. Curnito viene dal Pellegrini interpretato come Corneto, nei pressi di Cerignola, dove i teutonici possedevano un importante insediamento. Ci domandiamo quale senso abbia porre in relazione la città di provenienza di fra’ Andrea con l’insediamento teutonico di Corneto per affermare che egli apparteneva all’Ordine teutonico.
45) H. Houben, L’Ordine religioso-militare dei Teutonici a Cerignola, Corneto e Torre Alemanna, in «Kronos. Periodico Dipartimento Beni Arti Storia Università di Lecce», 2 (2001), pp. 17- 44; id., Templari e Teutonici nel Mezzogiorno normanno-svevo, in Il Mezzogiorno normanno-svevo e le Crociate: atti delle quattordicesime giornate normanno-sveve (Bari, 17-20 ottobre 2000), a cura di G. Musca, Bari 2002, pp. 251-288; La contabilità delle Case dell’Ordine Teutonico in Puglia e in Sicilia nel Quattrocento, a cura di K. Toomaspoeg, Galatina 2005; R. Licinio, I teutonici in terra di Bari aspetti di storia economica, in L’Ordine Teutonico tra Mediterraneo e Baltico: incontri e scontri tra religioni, popoli e culture (Bari-Lecce-Brindisi, 14-16 settembre 2006), a cura di H. Houben, K. Toomaspoeg, Galatina 2008, pp. 65-90.
46) K. Weitzmann, Icon painting in the Crusader Kingdom, in «Dumbartom Oaks Papers», XX (1966), pp. 69-74.
47) «Lo studioso propose un confronto con le parti decorative presenti negli affreschi pugliesi di S. Vito Vecchio a Gravina e attraverso una minuta osservazione anche dei caratteri stilistici riproposti nelle figure degli affreschi gravinesi parlò di un pittore in grado di interpretare tale passaggio dalla pittura bizantina classica ad una nuova forma di espressione maturata entro gli avvenimenti crociati e del Regno Latino di Gerusalemme. Un artista ‘crociato’ che secondo Weitzmann era possibile riconoscere nella realizzazione di altre icone sinaitiche di santi guerrieri come S. Giorgio, S. Demetrio e S. Teodoro e soprattutto S. Sergio, quest’ultimo fortemente connotato da uno scudo crociato, rosso, che fece pensare all’immagine di un Cavaliere addirittura Templare. Per questo motivo Weitzmann propose di chiamare il pittore che eseguì tali opere come Maestro dei Cavalieri Templari». M. Triggiani (storico dell’arte medievale), in http://mat1968.wordpress.com/2011/10/10/la- pittura-dei-templari-terza-ed-ultima-parte (ultimo accesso: 24/9/2012).
48) La dott.ssa Berardi ritiene che l’affresco rappresenti un Cristo Pantocrator databile al XIII secolo con qualche somiglianza con un analogo dipinto presente nella cripta di San Vito Vecchio di Gravina.
49) È probabile che questo autore abbia avuto modo di vedere l’affresco di Calentano.
50) Alcune critiche sono state mosse alle affermazioni di Weitzmann; cfr. V. Pace, Presenze e influenze cipriote nella pittura duecentesca italiana, in Seminario internazionale di studi su “Cipro e il Mediterraneo orientale” (Ravenna, 23-30 marzo 1985) s.l. 1985, pp. 259-298.
51) «Per la verità lo stesso Weitzmann aveva detto che parlare di un Maestro Templare per la pittura non significava parlare di un cavaliere dell’ordine dedito agli affreschi o all’arte, ma semplicemente mettere in connessione al- cune pitture come una particolare corrente artistica. Tesi che se da un lato ha prodotto inevitabili suggestioni, dall’altro è stata messa in discussione ed abbandonata anche dallo stesso Curzi che come molti studiosi più recenti ha preferito abbracciare la linea che riconduce i temi e gli elementi iconografici della pitture presenti in fondazioni dell’Ordine del Tempio alla linea culturale ed artistica riferita a S. Bernardo ed ai Cistercensi». M. Triggiani (storico dell’arte medievale), in <http://mat1968.wordpress.com/2011/10/10/la-pittura- dei-templari-terza-ed-ultima-parte/> (ultimo accesso: 24/9/2012).
52) Per un saggio più recente sulla pittura templare si rimanda a G. Curzi, La pittura dei Templari, Milano 2002.
53) N. De Leo, I Templari e Castel del Monte, Ruvo di Puglia 2012.
54) Cfr. A. Jatta, L’istituto della Bagliva nel feudo di Ruvo, Trani 1891.
55) G. Guerrieri, I cavalieri Templari nel Regno di Sicilia, Trani 1909, p. 100.
56) A. Demurger, I templari. Un ordine cavalleresco cristiano nel Medioevo, Milano 2009, p. 166.
57) Cfr. V. Ricci, E. A. Serafino, cit., pp. 47-51.
58) La commenda di Ruvo per un certo periodo di tempo nel corso del XVII secolo (dal 1618 al 1646) fu intitolata ai SS. Filippo e Giacomo, sebbene all’inizio (dal 1366 al 1587) l’intitolazione della commenda e della chiesa era al solo San Giacomo. Nel cabreo del 1674 la commenda era nuovamente intitolata al solo San Giacomo.
59) NLM, AOM, n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1618, f. 1v.
60) C. Lojodice, Una passeggiata storica. Monografia di Ruvo di Puglia, Bari 1915, p. 25.
61) Non è stato possibile consultare questo documento in quanto non più presente presso l’Archivio diocesano di Ruvo di Puglia.
62) V . Pellegrini, Ruvo sacra, Fasano 1994, p. 121.
63) Biblioteca Provinciale di Bari “De Gemmis”, Fondo pergamenaceo de Gemmis, n. 41.
64) Codice diplomatico barlettano, vol. III, cura di S. Santeramo, Barletta 1957, doc. n. 323.
65) NLM, AOM, n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1618, f. 25r.
66) Ivi, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1646, ff. 37v-38r.
67) V . Ricci, E.A. Serafino, cit., pp. 49-50.
68) B. Capone, L. Imperio, E. Valentini, Guida all’Italia dei Templari, Roma 1989, pp. 117-118; B. Capone, Quando in Italia c’erano i Templari. Italia settentrionale, Torino 19973, pp. 181 ss.
69) B. Capone, cit., pp. 169 e ss.
70) G. de Corson, Les Templiers et les Hospitaliers de Saint-Jean de Jérusalem en Bretagne, Nantes 1902 (ristampa 2006).
71) G. Bordonove, La vita quotidiana dei Templari nel XIII secolo, Milano 1989, pp. 129-131.
72) C. Lavirotte, Congrès Archéologique de France, Séances Générales tenus à Dijon en 1852. Statistique des Possessions de la Milice du Temple en Bourgogne, Paris 1853.
73) J. Roman, Tableau historique du département des Hautes-Alpes. État ecclésiastique, administratif et féodal antérieur à 1789, histoire, biographie, bibliographie de chacune des communes qui le composent, Paris 1887-1890.
74) G. de Corson, cit.
75) L. Imperio, cit., pp. 89-90.
76) Tale posizione fu ripresa dai padri predicatori per la scelta della localizzazione del loro convento nel XVI secolo.
77) F. Tommasi, cit., p. 171: «Gli insediamenti urbani del Tempio in Italia obbediscono alla consuetudine topografica che li vuole dislocati extra moenia, più spesso in prossimità di una importante arteria viaria».
78) La chiesa di San Giacomo aveva anch’essa una posizione strategica in quanto ubicata nei pressi di una porta cittadina a ridosso delle mura, alle sue spalle passava la via Traiana che da una parte portava a Bitonto e dall’altro a Canosa, inoltre dalla porta del Buccettolo si dipartiva la via per Spinazzola.
79) NLM, AOM, n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1618, f. 1v.
80) F. Di Palo, La chiesa di S. Domenico in Ruvo. Guida storico-artistica, Terlizzi 2005, pp. 18-21; id., La chiesa e il convento del SS. Rosario, cit., pp. 85 ss.
81) NLM, AOM, n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1618, ff. 6r-6v.
82) Probabilmente doveva trattarsi di via Valle Noè, in quanto se fosse stata la strada per Bitonto, essendo un’importante arteria viaria, sarebbe stata menzionata.
83) NLM, AOM, n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1618, f.28r.
84) Ibidem.
85) NLM, AOM, n. 6011, Cabreo della commenda di S. Giacomo e S. Filippo di Ruvo, a. 1646, f.30r.
86) Ivi, f. 31v.
87) Ivi, f. 32r.

Vito Ricci
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Nasce a Bari-Palese nel 1971; laureato in Scienze statistiche ed economiche con lode, attualmente è impiegato presso l’Università di Bari; dal 1998 al febbraio 2005 ha lavorato a Roma in un’azienda municipalizzata. Appassionato di Storia in generale e particolarmente di quella medievale, soprattutto in relazione alla Puglia e alla Terra di Bari. I principali interessi di ricerca sono la presenza degli Ordini religioso-militari in Puglia e nel Mezzogiorno italiano, con particolare riguardo agli aspetti economici e alle strategie insediative, e gli insediamenti rurali nel territorio della Puglia centrale (Bari e Nord barese) nel periodo medievale (IX-XIV secc.), il paesaggio agrario e la storia economica e sociale del medesimo territorio tra Medioevo e prima età moderna (XI-XVI secc.). Tra le principali pubblicazioni: I Templari nella Puglia medievale (Dal Sud, 2009), diversi contributi presentati ai convegni della Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani dal 2009, contributi in alcune riviste: Studi Bitontini, Medioevo Adriatico, Archivio Storico Pugliese, Nuovi Orientamenti, Nicolaus. Studi Storici. Collabora con il portale StoriaMedievale.net dove cura la sezione Medioevo Templare e si occupa di recensioni di libri. Molte pubblicazioni sono in https://independent.academia.edu/VitoRicci. Il presente contributo è stato pubblicato negli atti del convegno LARTI.

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