Operazione Buon Governo

Operazione Buon Governo di Filippo Basilisco

L’articolo riprende il titolo dell’ultimo volume di Gabriella Piccinni dedicato agli affreschi del Buono e del Cattivo Governo a Siena di Ambrogio Lorenzetti: Operazione Buon governo. Un laboratorio di comunicazione politica nell’Italia del Trecento (Torino 2022, Einaudi). Argomento con cui si era recentemente confrontata anche Chiara Frugoni: Paradiso vista Inferno. Buon governo e tirannide nel Medioevo di Ambrogio Lorenzetti (Bologna 2019, Il mulino).
La celebre battaglia di Montaperti del 1260 tra la Repubblica di Siena e la Repubblica di Firenze – con i loro rispettivi alleati – aveva decretato, con la sconfitta di Firenze, l’ascesa di Siena come nuovo protagonista politico ed economico della Toscana. Questa lenta ma progressiva evoluzione raggiunse il suo apice circa 80 anni dopo, intorno agli anni 40 del Trecento. Sono gli anni in cui la Politica a Siena è amministrata dal “Governo dei Nove”, in carica dal 1287 al 1355. Questo Governo, poiché caratterizzato dalla costruzione di nuovi edifici e monumenti nonché dalla creazione di numerose opere d’arte commissionate ai grandi esponenti della Scuola senese del Trecento (Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, i fratelli Lorenzetti, Niccolò di Segna ecc), viene ricordato anche come “Buongoverno” e resse la città per circa 70 anni quando finì, definitivamente, nel 1355 per via di gravi carestie ed epidemie[1].
Tra i numerosi cantieri che caratterizzarono questo periodo ricordiamo anche quello del duomo (1220 – 1370) e quello del Palazzo Pubblico (1297 – 1310) che era la sede dell’amministrazione comunale, e dove per l’appunto si trovano gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti. Gli affreschi – realizzati tra 1338 e il 1339 dopo la partenza di Simone Martini per Avignone – constano di 6 scene: Allegoria del Buon Governo (con Effetti del Buon Governo in città ed Effetti del Buon Governo in campagna) e Allegoria del Cattivo Governo (con Effetti del Cattivo Governo in città ed Effetti del Cattivo Governo in campagna).
Questo articolo – per ovvi motivi di spazio – si occuperà solo dell’Allegoria del Buono e del Cattivo Governo (tralasciando gli affreschi relativi agli Effetti per cui si rimanda alla bibliografia finale).
ALLEGORIA DEL BUON GOVERNO

La parte centrale dell’affresco – con le figure più grandi – è caratterizzata da due importanti gruppi allegorici:
1 – Quello all’estrema sinistra in cui domina l’imponente figura della Giustizia;
2 – Quello centrale in cui predomina la figura del Buon Governo affiancato da sei imponenti figure femminili.
La parte alta del dipinto invece corrisponde alla sfera sacra e divina. Nel 1°gruppo allegorico troviamo: nella parte alta la Sapienza divina, la Giustizia e – sotto di essa – la Concordia, gerarchicamente organizzate. La Sapienza presenta la corona (simbolo di potere), le ali (simbolo di trascendenza) e regge, con la mano sinistra, un libro (simbolo di profonda saggezza) e con la destra una bilancia caratterizzata dalla maestosa e imponente figura della Giustizia (simbolo di equità, ordine e imparzialità). Sui due piatti della bilancia ci sono due angeli, esecutori della volontà divina: l’angelo a sinistra vestito di rosso decapita un uomo con la mano destra e ne incorona un altro con la sinistra perché la Giustizia deve bilanciare i torti e i meriti, quindi punire i colpevoli e contemporaneamente premiare i giusti (il male va punito e il merito premiato). Il secondo angelo, vestito di bianco invece, consegna a due mercanti uno staio (per misurare il grano) e una canna e il passetto per misurare le lunghezze dei tessuti (simbolo di onesti scambi). La grande figura della Giustizia si limita ad amministrare la bilancia ma è retta dalla Sapienza divina, il che significa che la Giustizia terrena/umana se non è illuminata dalla divinità non può garantire la pace e il benessere (tema che ricorda molto la Commedia dantesca).
Sotto la Giustizia appare una giovane donna seduta: la Concordia legata a due corde che partono dai piatti della bilancia ad indicare che nessuna concordia è possibile in una società se non c’è giustizia e se la giustizia non è ispirata dalla divinità. La Concordia ha in grembo una pialla che indica la capacità di limare asperità, contraddizioni e di livellare eventuali contrasti. Sotto il suo sguardo si dipana l’imponente corteo di consiglieri senesi che amministrano il potere; gli ultimi due del corteo – gli unici a non guardare davanti a sé – sono girati indietro per aggrapparsi alla corda della Giustizia che è ispirata direttamente da Dio: diversamente sarebbe impossibile amministrare in maniera retta e virtuosa il potere.
Il secondo gruppo – che occupa la restante parte della scena – è caratterizzato da un lungo e magnifico trono su cui siedono 7 figure: sei donne e un uomo. La figura più importante è rappresentata dal vegliardo saggio perché siede su un trono sopraelevato ed ha una possanza superiore alle altre figure femminili che lo affiancano. Si tratta del Buon Governo (in realtà è la figura più grandiosa di tutto il dipinto) che indossa una veste bianca e nera che richiama i colori dello stemma della città; quindi attraverso il vegliardo viene veicolata l’immagine del Comune di Siena come emblema di un governo saggio, integerrimo e morale. Regge con la mano destra lo scettro (bastone di legno pregiato, o di altro materiale prezioso, simbolo del potere regio) e con la mano sinistra uno scudo dorato dove c’è l’immagine della Vergine col Bambino, a ribadire il concetto per cui il potere deve essere guidato dalla bontà divina. Al polso destro è legata la corda che, attraversando tutto il corteo, lo lega alla Giustizia perché un governo per essere buono deve anzitutto essere giusto. Ai suoi piedi vi è una lupa che allatta due neonati (i fondatori della città)[2]e che simboleggia lo stretto legame con Roma antica: «Siena come la legittima erede della romanità. Ricondurre l’origine di Siena all’epoca in cui sarebbe nata anche Roma rispondeva alla precisa volontà – quasi necessità – di legittimare la propria esistenza attraverso la “scoperta” di nobili radici e, allo stesso tempo, di rivendicare uno status di superiorità rispetto a quelle città che queste nobili origini non le avevano»[3].
Altrettanto importante – oltre alla lupa e ai gemelli ai suoi piedi – è ciò che troviamo sopra il capo del Buon Governo: tre figure angeliche che rappresentano le tre virtù teologali, FedeSperanza e Carità. Le sei imponenti donne – tre alla sua destra e tre alla sua sinistra – che lo affiancano sono:
Gruppo alla sua destra: Pace (la figura più lontana) – Fortezza (la figura al centro) e Prudenza (la figura accanto). La Pace, interamente vestita di bianco, regge, con la mano sinistra, un ramoscello di ulivo (che simboleggia appunto la pace), e con la mano destra si sorregge il capo (simbolo della quiete e della tranquillità che la pace garantisce agli uomini). La Fortezza regge la mazza e lo scudo (simbolo del combattimento spirituale che l’uomo deve affrontare contro le debolezze e le tentazioni); infine la Prudenza, altra virtù cardinale, perché come insegna anche il Vangelo bisogna essere miti come le colombe ma prudenti come i serpenti (Mt 10, 16: Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe).
Gruppo alla sua sinistra: Magnanimità (la figura accanto) – Temperanza (figura al centro) e, nuovamente, la Giustizia (l’unica figura che compare per ben due volte). La Magnanimità regge con la destra una corona (simbolo di onorificenza) e con la sinistra un vassoio pieno di pietre preziose (simbolo di ricchezza); questo significa che il Buon Governo deve premiare e onorare i cittadini che agiscono con rettitudine. La Temperanza osserva la clessidra che regge nella mano destra (simbolo del tempo speso bene). Infine nuovamente la Giustizia – virtù che apre e chiude la fascia centrale del dipinto – che regge con la destra una lunga e acuminata spada e con la sinistra una corona. Tra le gambe c’è una testa mozzata che indica quanto la Giustizia sia implacabile con chiunque delinqua o commetta crimini. Il fatto che Magnanimità e Prudenza siano le figure poste accanto al Buon Governo non è una causalità: indica la necessità di discernere bene e prudentemente nell’offrire onorificenze e ricchezze solo a chi lo merita.
Nella parte più bassa – che rappresenta la dimensione terrena – ci sono da un lato i consiglieri comunali che amministrano la città guidati dalle virtù Cardinali e Teologali; di fronte a loro in maniera opposta e speculare l’antitesi dei consiglieri (cioè di chi agisce bene): i nemici della città, catturati e imprigionati dall’esercito armato senese. Il corteo di questi ultimi comincia sotto l’immagine della Giustizia; può sembrare un controsenso ma non lo è: una comunità è giusta non solo se premia chi fa bene ma anche se punisce chi sbaglia; la Giustizia deve allontanare dalla comunità chi attenta al benessere di quest’ultima, se il crimine venisse tollerato ci sarebbe Ingiustizia. Per questo il corteo di banditi e malviventi posto sotto la Giustizia è una scelta consapevole dell’artista.
 ALLEGORIA DEL CATTIVO GOVERNO

L’affresco del Cattivo Governo è concepito sullo stesso modello del Buon Governo: anche qui la scena è costruita su tre piani dove la parte più bassa corrisponde alla dimensione terrena; la parte centrale è costituita, anche qui, da 7 figure di cui quella centrale non solo è sopraelevata rispetto alle altre ma presenta anch’essa – come nel caso del Buon Governo – tre figure alate che incombono sul suo capo.
Stiamo parlando della prosopopea della Tirannide, mostro deforme con corna e zanne. Anche ai suoi piedi, come la lupa posta sotto il Buon Governo, c’è un animale: in questo caso si tratta però di una capra nera (simbolo del demonio e del male). Le tre figure alate che sovrastano Tirannide sono – da sinistra verso destra – Avarizia, Superbia e Vanagloria che riportano alla mente i versi danteschi: «superbia, invidia e avarizia sono/le tre faville c’hanno i cuori accesi» (Inf. VI, 74 – 75)[4].
Le tre figure alla destra di Tirannide sono – dalla più lontana alla più vicina – Crudeltà, Tradimento e Frode. Crudeltà mostra un serpente a un neonato, simbolo della ferocia e della spietatezza dei governanti quando usano menzogne e falsità per terrorizzare il popolo per poterlo meglio asservire e dominare; Tradimento ha in braccio un agnello con una coda di scorpione, simbolo di falsità e ipocrisia dei governanti che si mostrano al popolo come miti e benevoli ma in realtà sono disposti a tutto pur di raggiungere e mantenere il potere. C’è infine Frode – posta accanto a Tirannide – che ha ali e piedi artigliati simbolo di predazione e rapacità ma che presenta, ingannando, le sembianze di una bella donna.
Le tre figure alla sinistra di Tirannide sono – dalla più vicina alla più lontana – Furore, Divisione e Guerra. Furor, con la testa di cinghiale, il torso di uomo, il corpo di cavallo e la coda di cane, rappresenta l’ira cieca e violenta di alcuni governanti (probabilmente è un richiamo alle Furie della mitologia romana); ha in mano un pugnale appuntito ad indicare la natura aggressiva e omicida. Segue poi la figura di Divisione che imbraccia una sega, simbolo appunto di divisione e discordia che i cattivi governanti producono nella società che amministrano. Il vestito a bande bianche e nere verticali è un chiaro rovesciamento della balzana senese, che invece ha le bande orizzontali; la sega, inoltre, è anche un’antitesi della pialla che Concordia – nell’Allegoria del Buon Governo – utilizza per livellare i contrasti. Infine c’è una donna interamente vestita di nero (colore che indica morte e lutto): Guerra che ha la spada e lo scudo cioè i simboli del combattimento.
Nella parte più bassa – la dimensione terrena – la Giustizia, fatta prigioniera, è stesa a terra, impossibilitata a muoversi e i piatti della bilancia sono rovesciati. Se nel Buon Governo la Giustizia aveva una dimensione ideale – posta vicino alle virtù, più in alto della dimensione terrena – e quindi in grado di guidare l’agire umano; ora collocata nella dimensione terrena significa che essa ha perso quel ruolo di guida ideale; non è più la Giustizia al di sopra dell’uomo ma l’uomo a crearsi e a farsi la propria giustizia (vendette, regolamento di conti, violenze, soprusi e angherie di ogni tipo). Purtroppo questa sezione dell’affresco è molto rovinata e non si riesce a leggere ulteriormente.
L’importanza di questi affreschi firmati dall’artista – AMBROSIUS LAURENTII DE SENIS HIC PINXIT UTRINQUE (Ambrogio Lorenzetti di Siena dipinse questo da ambo i lati) – è fondamentale se si considera che essi rappresentano una delle prime espressioni di arte civile (non religiosa) del Medioevo italiano. Scegliendo Ambrogio, per la loro realizzazione, i Nove intendono onorarlo (come già era avvenuto per Simone Martini) quale miglior pittore senese del momento o, quanto meno, quale miglior interprete del modo di vivere e di pensare della ricca borghesia mercantile allora al potere.
Bibliografia essenziale:

  • Piccinni, Operazione Buon governo. Un laboratorio di comunicazione politica nell’Italia del Trecento, Torino 2022;
  • , Siena negli anni di Ambrogio, in Ambrogio Lorenzetti, catalogo della mostra a cura di A. Bagnoli – R. Bartalini – M. Seidel, Milano 2017, pp. 79 -93;
  • Frugoni, Paradiso vista Inferno. Buon Governo e Tirannide nel Medioevo di Ambrogio Lorenzetti, Bologna 2019;
  • M. Dessì, Il bene comune nella comunicazione verbale e visiva. Indagini sugli affreschi del “Buon Governo”, in Il bene comune. Forme di governo e gerarchie sociali nel basso Medioevo, atti del XLVIII Convegno storico internazionale, Todi, 9-12 ottobre 2011, Fondazione Centro italiano di studi sull’alto Medioevo, Spoleto 2012, pp. 89 – 130;
  • Skinner, Ambrogio Lorenzetti e la raffigurazione del governo virtuoso, pp. 53 – 122 e Ambrogio Lorenzetti sul potere e la gloria delle repubbliche, pp. 123 – 154 in Id., Virtù rinascimentali, Bologna 2006.

Sitografia:
Michela Becchis, LORENZETTI Ambrogio, Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 65 (2005):
https://www.treccani.it/enciclopedia/ambrogio-lorenzetti_%28Dizionario-Biografico%29/#:~:text=%2D%20Pittore%20senese%20(m.,Siena%20(1308%2D10);

  1. De Benedictis, LORENZETTI Ambrogio, Enciclopedia dell’Arte Medievale (1996):

https://www.treccani.it/enciclopedia/ambrogio-lorenzetti_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/;
Luca Liardo, I Lorenzetti, Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014):
https://www.treccani.it/enciclopedia/i-lorenzetti_%28Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco%29/;

  1. Guidoni, I. Moretti, V. Ascani, E. Carli, A. Capitanio, SIENA, Enciclopedia dell’Arte Medievale (1999):

https://www.treccani.it/enciclopedia/siena_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/
[1] M. Acheri, La Siena del ‘Buon Governo’ (1287-1355) in Politica e cultura nelle Repubbliche italiane dal Medioevo all’età moderna: Firenze – Genova – Lucca – Siena – Venezia, a cura di M. Ascheri – S. Adorni, Roma 2001, pp. 81-107; M. William Bowsk, Un comune italiano nel Medioevo. Siena sotto il regime dei Nove, Bologna 1986.
[2] Si tratta della lupa romana che aveva allattato Romolo e Remo e che ora stava allattando i figli di Remo: Senio e Ascanio che erano fuggiti da Roma e si erano insediati in un luogo cui verrà dato il nome del fratello maggiore Senio (Siena).
[3] Consultabile online: https://guidaturistica-michelebusillo.com/it/il-mistero-della-lupa-di-siena/
[4] Michele A. Averardo, Le tre faville c’hanno i cori accesi. Superbia, invidia, cupidigia e gli altri vizi capitali nella Divina Commedia, prefazione di Pina Basile, Mercato San Severino 2019.

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