Pietro II d’Aragona

PIETRO II D’ARAGONA: IL RE CHE CAVALCÒ SOTTO IL VESSILLO CROCIATO E CONTRO I CROCIATI di Gianluca Lorenzetti

Pietro II il Cattolico (/Pedro el Católico) era figlio di Alfonso II d’Aragona (1162-1196) e della regina Sancha di Castiglia. Alla morte del padre, alle Cortes di Daroca (1196), ereditò gran parte del Regno, divenendo signore di Aragona, Catalogna e di una porzione della regione occitana, mentre al fratello Alfonso andarono la Provenza, il Millau e Razès. Forse con la speranza di evitare scontri di prestigio tra le terre aragonesi e catalane, la cui unione risaliva a nemmeno un secolo di distanza attraverso il matrimonio dei genitori paterni, la principessa Petronilla d’Aragona ed il conte(/«principe») Raimondo Berengario IV di Barcellona, Pietro contattò papa Innocenzo III (1198-1216) perché potesse esser incoronato a Roma. Il pontefice accettò in cambio di un tributo annuo di 250 mazmudini (moneta aurea almohade) e la cerimonia si svolse nella Città eterna nell’anno del Signore 1204, lo stesso del suo matrimonio con Maria, erede del Montpellier, celebrato pochi mesi antecedentemente. A Roma, nel tentativo di ricevere la protezione papale, si parlò anche del progetto pietrino di conquistare le vicine isole Baleari – mai partito sotto il Cattolico –, forte dell’appoggio bellico delle repubbliche pisana e genovese, quest’ultima fresca di una pace firmata con il Regno nel 1198.
La fama di rey Pedro, però, ha natali da due tra gli eventi del ricco XIII secolo: la battaglia di Las Navas de Tolosa e la crociata contro i Catari/Albigesi. La prima si svolse nel 1212 e rappresenta una delle tappe focali della Reconquista, uno scontro tra Croce e Mezzaluna che vide gli eserciti di Pietro II d’Aragona, Alfonso VIII di Castiglia e Sancho V di Navarra combattere e vincere uniti sotto il vessillo di Cristo le truppe almohade. Il secondo episodio maturò dal volere di papa Innocenzo, il quale indisse la spedizione nel 1208 (partirà l’anno successivo). L’armata inizialmente era guidata da magnati e prelati del Nord, ma ad un certo punto si eresse dominante la leadership del capitano di ventura Simone di Montfort. Il Monarca, già intervenuto precedentemente per bloccare il progetto tramite la diplomazia, era pronto a rispondere alla chiamata dei sudditi in difficoltà, come racconta il trovatore Raimon de Miraval nella canzone Bel m’es q’ieu chant e coinde:
[…] “Dompn’ades m’avetz valgut
tant que per vos sui chantaire;
e no∙n cuiei chanson faire
tro∙l fieu vos agues rendut
de Miraval q’ai perdut
Mas lo reis m’a covengut
que∙l cobrarai anz de gaire,
e mos Audiartz[1] Belcaire:
puois poiran dompnas e drut
tornar el joi q’ant perdut.[2]

La Battaglia di Muret da una miniatura del XIV secolo

Pietro inviò i suoi uomini, ma, nonostante l’impegno armato, non disdegnò la via della pace, affidando in custodia il figlioletto Giacomo (futuro re Giacomo I il Conquistatore (1213-1276) a Simone di Montfort e dando in matrimonio (1204) la sorella Eleonora al conte Raimondo VI di Tolosa (1194-1222), dal quale ottenne un patto di alleanza e, nel 1213, l’omaggio vassallatico dei conti e del popolo tolosano, a cui si aggiunse quello dei conti Commingers e quelli di Foix.
Le speranze di pace del Cattolico si sgretolarono presto e gli eserciti di Pietro II e Raimondo VI si trovarono nuovamente sul campo di battaglia a fronteggiare i crociati di Montfort, un terreno, quello di Muret, dal sapore fatale per il Sovrano catalano-aragonese (12 settembre, Bisson[3]; 17 settembre, Calmette[4]). Recuperato, il corpo del Re trovò casa nella priorìa ospitaliera di Sigena, fondata dalla madre del Defunto nel 1188 ed affidata alle cure delle monache di San Giovanni.
Ritrovata la libertà da quella che si era trasformata in una prigionia nella mani del Montfort, Giacomo ereditò un regno fortemente indebitato dalle numerose spese (soprattutto militari) a cui il padre non era riuscito a dare un freno con la svalutazione della moneta barcellonese (1209) e la tassazione, in alcune occasioni respinta dai sudditi con ribellioni. In compenso poté fregiarsi di una Saragozza cresciuta fino a diventare uno dei principali centri aragonesi ed un importantissimo mercato della regione, punto di transito, grazie in particolare al fiume Ebro, tra il commercio atlantico e navarrino e quello mediterraneo e catalano.
La memoria di Pietro il Cattolico non andò perduta, perennemente cinta nelle composizioni dei Trovatori, dei quali fu amico e protettore, che lo tramandano come un principe prodigo e dotato di galanteria e fasto.
BIBLIOGRAFIA

[1] : intende il conte di Tolosa.
[2] : “Donna, per me siete sempre stata di tanto valore / che per voi continuo a cantare; / eppure non pensavo di comporre canzoni / prima di avervi restituito il feudo / di Miraval che ho perduto. / Ma il re mi ha promesso / di farmelo recuperare fra poco, / come Beaucaire al mio Audiart: / poi donne e amanti potranno / tornare alla gioia che hanno perduto.” (vv. 64-73) (F. Zambon, I Trovatori e la crociata contro gli Albigesi, Luni, Milano-Trento, 1999, pp. 44-45).
[3] : Vd. T. N. Bisson, La Corona d’Aragona. Storia di un regno medievale (trad.), Edizioni Culturali Internazionali Genova, Genova, 1998, p. 56.
[4] : Vd. J. Calmette, Storia di Spagna (trad.), Sansoni, Firenze, 1958, p. 187.

Gianluca Lorenzetti Nato il 19/09/1993 a Castelnuovo di Garfagnana, dove nel 2012 mi sono diplomato presso l’I.T.C.G. L. Campedelli (LU), ho conseguito laurea triennale (2016, voto 110/110) e magistrale (2019, 110/110 e Lode) in Storia (curriculum medievale) presso l’Università di Pisa. Mi occupo principalmente delle vicende e dei protagonisti del Regno d’Aragona, ma i temi su cui scrivo ed ho già pubblicato spaziano anche oltre i confini catalano-aragonesi, incentrandomi recentemente nello studio dell’essere umano sotto tutte le sue sfaccettature.
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