Quanto costa la salvezza dell’anima?

I costi del pellegrinaggio in Terrasanta nel XIV e XV secolo.

di Elena Tacchini.

Seguiamo il viaggio di due pellegrini:

Simone di Gentile Sigoli, esponente di un’importante famiglia mercantile fiorentina, non di origini nobili, ma sicuramente facoltosa. Partì per il pellegrinaggio in Terrasanta nell’agosto del 1384 e fece ritorno in patria nel maggio dell’anno successivo. Seguì un itinerario non convenzionale, in quanto la prima meta d’oltre mare non fu la Palestina, come avveniva normalmente, bensì l’Egitto. Solo in un secondo momento si diresse verso il Sinai e la Terrasanta e procedette fino a Beirut dove si imbarcò per tornare a Venezia.

Alessandro di Filippo Rinuccini, membro di una potente famiglia originaria del Valdarno;miglia originaria del Valdarno,e Sigoli che ci tramanda la descrizione di una festa nuziale che sembra uscire da una fiabapelle a 28 anni si ritirò nel convento domenicano di San Marco. Quando già faceva parte dei Predicatori si recò in pellegrinaggio in Terrasanta, era l’anno 1474. L’itinerario da lui seguito fu quello tradizionale: si imbarcò a Venezia verso la metà di luglio e dopo la traversata sbarcò al porto di Giaffa. Fece seguito un viaggio di circa due settimane per visitare i Luoghi Santi della Palestina, soprattutto Gerusalemme. Il viaggio di ritorno seguì a ritroso lo stesso percorso dell’andata; Rinuccini fu di nuovo a Firenze il 20 febbraio del 1475.

Le motivazioni che spinsero uomini e donne del XIV e XV secolo a compiere il pellegrinaggio in Terrasanta furono senz’altro molteplici. Si affacciarono alla società dell’epoca nuovi interessi storici e mercantili, nonché una certa curiosità per gli usi e costumi di quelle terre esotiche, spesso descritte come una sorta di tempio dell’abbondanza nei cui mercati era possibile trovare ogni genere di leccornie e merci preziose. Alcuni dei viaggiatori più ricchi, oltre che curiosi, ebbero la possibilità di assistere a cerimonie religiose islamiche; opportunità sfruttata da Simone Sigoli, il quale ci tramandò la descrizione di una festa nuziale dal sapore fiabesco. Nonostante questi interessi, però, a predominare nelle intenzioni dei pellegrini era ancora il viaggio devozionale, compiuto «a salute dell’anima e del corpo».

Il pellegrinaggio in Terrasanta era un viaggio della durata di almeno tre mesi che, quasi senza eccezione, diventavano molti di più a causa di frequenti imprevisti. Inevitabilmente un viaggio di questo genere assumeva costi molto elevati. Si possono individuare diversi capitoli di spesa che contribuivano ad innalzare i costi del viaggio. La voce principale era quella costituita dal noleggio dell’imbarcazione. Normalmente, il viaggio verso Gerusalemme si faceva sulle galee dei pellegrini che partivano da Venezia all’inizio della bella stagione; dopo innumerevoli soste lungo il percorso si sbarcava a Giaffa. Da qui iniziava il viaggio via terra, della durata di circa due settimane, che permetteva di visitare i Luoghi Santi compresi tra Giaffa e Gerusalemme. Al ritorno si ripercorrevano le stesse strade, e da Giaffa ci si imbarcava nuovamente per Venezia. Questo itinerario era il più economico, ma il viaggio per mare era comunque lungo e i padroni delle galee, per il passaggio a bordo e per le spese di vitto in nave, chiedevano un prezzo variabile tra i 20 e i 40 ducati a seconda della situazione economica dei viaggiatori. Chi voleva risparmiare doveva accontentarsi del posto peggiore a bordo o imbarcarsi su navi vecchie e poco sicure. Nei casi più estremi era possibile rinunciare al vitto comune e portarsi al seguito dei cibi secchi; a queste condizioni il prezzo si aggirava intorno ai 16 ducati. Le spese di trasporto però non si esaurivano qui: una volta arrivati a Giaffa era necessario noleggiare le cavalcature per il viaggio a terra che avevano il costo medio, non irrilevante, di 4 ducati.

Naturalmente, una volta arrivati a destinazione bisognava pensare al vitto e all’alloggio: l’ospitalità a pagamento stava raggiungendo un’ampia diffusione nel basso medioevo; la locanda professionale aveva preso ormai il sopravvento su ospedali e xenodochia. A Gerusalemme sorgeva un ospedale per i pellegrini, ma non sembra che vi si potesse alloggiare gratuitamente. I religiosi avevano maggiori possibilità di essere ospitati nei conventi presenti in Terrasanta, ma i laici dovevano provvedere come potevano ai costi delle taverne.

Notevoli erano anche le somme da versare durante il percorso alle autorità locali: dazi che di fatto permettevano la continuazione del viaggio. In caso di mancato versamento di tali tributi ai pellegrini veniva proibito di sbarcare dalle galee o, peggio, veniva impedito loro di lasciare la città in cui alloggiavano ed essi sarebbero stati «pegno in mani di Mori». Il «tributo al Soldano», che dava il diritto di sbarco e permetteva di attraversare le cittadine dislocate lungo la via che portava a Gerusalemme, era certamente il più oneroso, ma non era l’unico; capitava spesso di dover pagare altri dazi minori al passaggio nelle città e, soprattutto, c’era una grossa somma da versare per entrare nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme che, a seconda dei periodi, oscillava tra i 6 e i 7 ducati e mezzo.

Questo tipo di “viaggio organizzato” permetteva di visitare solo la Palestina, chi voleva visitare anche la Siria, il Sinai e l’Egitto doveva preventivare molto più tempo e una spesa quasi triplicata. Poteva scegliere di compiere comunque la traversata sulle galee dei pellegrini, accordandosi con il padrone di pagare solo il passaggio di andata per 10 o 12 ducati. Chi faceva questa scelta pagava il proprio tributo di sbarco in Terrasanta e poteva recarsi autonomamente in tutti i luoghi che desiderava visitare.

Un’altra alternativa era il tipo di pellegrinaggio compiuto da Simone Sigoli che, come abbiamo visto, sbarcò ad Alessandria, visitò prima l’Egitto e il Sinai e solo in un secondo momento risalì la Terrasanta arrivando fino al porto di Beirut. Insieme a lui viaggiarono, tra gli altri, Lionardo Frescobaldi e Giorgio Gucci che redassero a loro volta un resoconto di questo viaggio. Proprio Frescobaldi indicò il costo del passaggio in nave da Venezia ad Alessandria in 17 ducati a testa.

Un capitolo piuttosto consistente delle spese di viaggio era costituita dagli imprevisti: soste forzate, multe, «ruberie».

Poteva accadere di essere multati per aver tenuto comportamenti sconvenienti, come nel caso di un pellegrino che diede uno schiaffo a un musulmano e venne sanzionato con il versamento di ½ ducato. Ben più salata la multa comminata ad Alessandria a un cristiano che comprò un pollo al mercato e gli tirò il collo. L’uomo venne imprigionato e condannato; per riavere la libertà versò ben 50 ducati d’oro. Siamo di fronte ad un caso in cui i costi del pellegrinaggio si intrecciano con gli usi e costumi dei luoghi visitati: quel viaggiatore cristiano infatti non sapeva che nel mondo musulmano l’unico modo tollerato per uccidere un animale consisteva nel tagliargli la gola «et se tirassi loro il collo a un pollo o altro ucciello et tu fossi veduto saresti a pericolo della persona, o tu pageresti fiorini 50 d’oro».

Spesso poteva accadere di essere derubati tramite espedienti escogitati proprio per truffare i pellegrini. Sigoli e compagni, ad esempio, furono vittime di una messa in scena organizzata dalla loro guida Elia. Dopo aver visitato il monastero di Santa Caterina, ai piedi del Monte Sinai, si addentrarono nel deserto per raggiungere Gerusalemme. Elia fece credere loro di essersi smarriti; in realtà li fece accampare in un luogo da lui prestabilito con i suoi complici, i quali derubarono i malcapitati di alcuni fiorini d’oro e di beni che i viaggiatori furono poi costretti a ricomprare, «tra per forza et per amore», elargendo 15 ducati d’oro. La beffa però non finì lì, Sigoli infatti racconta con molta efficacia che, arrivati alla città di Gaza, «quel traditore d’Elia si fece fare un bello vestito di soriano alle nostre spese». La pratica di far ricomprare ai pellegrini i propri oggetti rubati pare fosse diffusa e redditizia visto che novant’anni più tardi Rinuccini dovette fare lo stesso: «non ci fu picchola faticha a poterci sbrighare et difendere dagli Arabi, dalle mani de’quali più volte in questo giorno bisogniò ricomperarci».

Gli imprevisti consistevano anche in soste forzate nei porti del Mediterraneo che facevano aumentare i costi dell’alloggio. La galea su cui viaggiava Rinuccini, ad esempio, si fermò per ben ventitrè giorni a Candia per caricare vini, lana e altre mercanzie. Molti pellegrini furono costretti, chi a chiedere l’elemosina, chi a vendere alcuni beni, come il breviario, per sopperire alle spese e mantenersi nelle osterie della città.

In generale, sommando tutte queste voci di spesa, si può ipotizzare che la cifra minima necessaria per compiere il pellegrinaggio in Terrasanta si aggirasse intorno ai 50 ducati, ovviamente seguendo l’itinerario più breve. Per visitare tutti i Luoghi Santi e non solo la Palestina, bisognava prevedere una somma decisamente maggiore; Sigoli e i suoi compagni di viaggio testimoniarono infatti una spesa di quasi 150 ducati a testa.

«E chi queste ispese non credesse faccia il viaggio et proverrà la verità di ciò».

Prendendo in considerazione i salari in Toscana tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento vediamo che 50 ducati (o fiorini; il fiorino e il ducato avevano lo stesso valore) corrispondevano all’incirca allo stipendio di un anno o anche un anno e mezzo di un lavoratore nel settore edile. Un manovale infatti percepiva circa 3 fiorini al mese, mentre il salario di un maestro muratore poteva arrivare a 5 fiorini mensili.

Non c’è da stupirsi dunque se nelle galee in partenza da Venezia viaggiavano quasi esclusivamente nobili, cavalieri e un gran numero di religiosi, gli unici ad avere la possibilità di ottenere contributi dagli enti assistenziali cittadini e dai conventi del proprio Ordine. Restava invece del tutto secondaria la presenza di esponenti della media borghesia ed era pressoché impossibile la partecipazione a questo viaggio delle fasce economiche più basse.

Chi non poteva permettersi di affrontare delle spese così elevate, ma desiderava comunque compiere un passo verso il paradiso, doveva “accontentarsi” dei lunghi pellegrinaggi via terra verso Roma o Santiago de Compostela. In questi casi infatti si poteva viaggiare a piedi senza spese di trasporto; numerosi ospizi e ospedali offrivano alloggio ai pellegrini e inoltre c’era la possibilità di chiedere l’elemosina per acquistare i beni di prima necessità.

Bibliografia:
Peyer H.C. 2000, Viaggiare nel Medioevo. Dall’ospitalità alla locanda, Bari.
Pinto G. 1982, I costi del pellegrinaggio in Terrasanta nei secoli XIV e XV, in AA. VV., Toscana e Terrasanta nel Medioevo, a c. di Cardini F., Firenze, pp.257-284.
Rinuccini A., Sanctissimo Peregrinaggio del Sancto Sepolcro, in a c. di Calamai A. 1993, Alessandro di Filippo Rinuccini. Sanctissimo Peregrinaggio del Sancto Sepolcro 1474, Pisa.
Sigoli S., Mentione delle Terre d’oltre mare, in Bedini A. 1999, Testimone a Gerusalemme. Il pellegrinaggio di un fiorentino del Trecento, Roma.

Elena Tacchini

Laureata in Storia Medievale (vecchio ordinamento), all’Università degli Studi di Milano nel maggio 2006 con la votazione di 110/110 e Lode. Tesi di Numismatica Medievale dal titolo: Le monete medievali del Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto. Catalogazione di monete del periodo IX-XVI secolo e trattazione sulla storia monetaria del Medioevo.

Attualmente sono in fase di studio e pubblicazione 3 progetti:

– Catalogo delle monete medievali e moderne conservate presso il Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto: partendo dal lavoro della tesi di laurea verrà compilato il catalogo delle 415 monete dal IX al XX secolo presenti in tale collezione.

– Glossario di termini numismatici, commissionatomi dal relatore della tesi per essere inserito in una sua pubblicazione.

– Voce Orvieto, in Guida per la storia delle zecche italiane medievali e moderne fino all’Unità, a c. di Travaini L., Roma.

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