Romei, greci o bizantini ?

Hieronymus Wolf

Romei, greci o bizantini ?
Abitanti di un impero dalla discussa identità di Gianluca Lorenzetti

Fin dalla caduta della (laica) Roma latina, l’uomo europeo si sentiva privato della parte migliore di sé, per questo motivo cercava di farla rivivere copiandola ed imitandola nelle gesta e nel sapere, ma la cristianità ed il tempo avevano sottratto all’abitante medievale una componente di quella parte, considerata dai successori degli Apostoli blasfema o pericolosa per la sopravvivenza della Chiesa di Pietro; questo, però, accadeva in Occidente. Ad Est, dove un tempo sorgevano le poleis elleniche, il regno di Davide e la dinastia dei Tolomei, Nea Rome, l’antica urbs di Costantino I (306-337), preservava la romanità e la sapienza greco-latina attraverso l’impegno di monaci e dòtti. Mentre gli imperatori d’Oriente ed i loro sudditi – dai tempi di Arcadio (395-408) – si consideravano romani e, poi, eredi di Roma e gli abitanti tra loro si chiamavano «romei», per gli Occidentali essi non erano latini e nemmeno la successiva «ellenizzazione» li rese degni di poter esser definiti greci, poiché ai loro occhi erano una realtà a sé stante.
Affascinati da ciò che quelle «genti d’Oriente» – basileùs compresi – avevano conservato e prodotto con la loro ricca mente, gli umanisti, che stavano iniziando a saper leggere il greco, anche grazie all’opera di promozione ed insegnamento della lingua e della cultura bizantina durante il XV secolo da parte di romei come Bessarione e Costantino Lascaris, cominciarono a studiare quel mondo accademico ancora senza nome, né identità autonoma. Il primo ad utilizzare la parola «bizantino» fu il luterano Hieronymus Wolf, quando, interessato a quella realtà, iniziò ad esplorarla ed a scrivere di essa e della sua storia, un lavoro che venne espresso nel suo Corpus historiae bizantinae (1560). Wolf fu solo uno dei molti che nei secoli a seguire dedicarono il loro tempo a questo nuovo campo, che trovò nella Francia del Seicento e negli accademici del Novecento validi rappresentanti. Nel primo caso il nome più autorevole fu quello di Charles Dufresne sieur Du Cange, forse il più grande bizantinista di sempre, autore di un vocabolario di greco basato proprio sulle opere romee; nel secondo la produzione di Mango, Ostrogorsky ed Opolensky, tutti legati per una ragione od un’altra a quel mondo (nascita ad Istanbul, madre russa e famiglia di origini greche il primo, russi ed ortodossi i restanti), ha permesso di portare avanti gli studi.
Concludo precisando che la parola «bizantino» non ebbe sempre ed ovunque connotazioni positive e di meraviglia, infatti, già durante l’Umanesimo – ed è possibile anche prima –, vi era chi accostava il termine ad una vita – quella dei suoi abitanti – pregna dei peccati più nefandi, causa – secondo loro – della fine dell’Impero. Oggi il termine è sinonimo di una complessità e di una complicatezza quasi inutile («bizantinismo»), specchio di una realtà che, sentendosi continuamente minacciata internamente ed esternamente, si vide costretta a creare un sistema unico nel suo genere.

Gianluca Lorenzetti Nato il 19/09/1993 a Castelnuovo di Garfagnana, dove nel 2012 mi sono diplomato presso l’I.T.C.G. L. Campedelli (LU), ho conseguito laurea triennale (2016, voto 110/110) e magistrale (2019, 110/110 e Lode) in Storia (curriculum medievale) presso l’Università di Pisa. Mi occupo principalmente delle vicende e dei protagonisti del Regno d’Aragona, ma i temi su cui scrivo ed ho già pubblicato spaziano anche oltre i confini catalano-aragonesi, incentrandomi recentemente nello studio dell’essere umano sotto tutte le sue sfaccettature.
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