A Viterbo, la chiesa di San Giovanni in Zoccoli si trova nel centro storico, tra via Mazzini e Piazza Dante. Recenti indagini archeologiche (1) non hanno aggiunto indicazioni utili per la nostra ricerca, ma hanno confermato che la chiesa primitiva è molto antica e risale almeno ad un periodo compreso tra l’XI e il XII secolo. La facciata mostra uno splendido rosone cosmatesco. Secondo gli studiosi Romagnoli e Occhiogrosso «le decorazioni scultoree dei capitelli avvicinano la chiesa di San Giovanni ad altre due chiese viterbesi erette sul finire del XII secolo – la collegiata di San Sisto e la cattedrale di San Lorenzo – che rappresentavano il modello per l’architettura viterbese del primo Duecento. Il rosone in facciata appartiene ad un tipo che si sviluppò in Umbria nel tardo XII secolo e si diffuse nella Tuscia probabilmente non prima degli inizi del XIII. In base a questi elementi, la chiesa è stata datata nel corso della prima metà del Duecento, forse verso il terzo o quarto decennio del secolo» (2).
In pratica, ci sono sufficienti fonti documentarie che attestano l’esistenza della chiesa già nell’XI secolo, ma a noi interessa soprattutto il suo sviluppo di maggiore importanza architettonica avvenuto, come gli studiosi confermano, tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo.
Non può essere sfuggita, quindi,all’attenzione della politica di InnocenzoIII e il rosone cosmatesco, di perfetta rispondenza stilistica con quelli di San Pietro a Tuscania, e Santa Maria a Civita Castellana, fa pensare che la chiesa fu interessata probabilmente da interventi dei magistri romani, anche se oggi non è dato sapere con precisione di quali lavori si trattasse. Non è da escludere, comunque, una tipologia di interventi che prevedesse solo decorazioni musive in occasioni delle visite del papa. Ma potrebbe anche essere che degli ipotetici e più consistenti lavori cosmateschi effettuati, sia arrivato a noi solo il rosone della facciata, a causa delle distruzioni e dei tanti rifacimenti che la chiesa stessa ha subito nei secoli.
Rosone di san Giovanni in Zoccoli
Il rosone di San Giovanni in Zoccoli, inquadrato nella classica cornice con i bordi a fasce cosmatesche che racchiude nei quattro angoli le sculture dei quattro Evangelisti, richiama perfettamente quelli simili di San Pietro in Tuscania, di Santa Maria a Lugnano in Teverina e del Duomo di Spoleto, ma appare un lavoro forse più arcaico rispetto quelli semplici, essenziali, privi di riquadro con le dette sculture, ma con simili decorazioni cosmatesche che si vedono sulla facciata delle chiese di Santa Maria a Civita Castellana e sulla chiesa parrocchiale dell’Assunta a Tarano (Rieti).
Non è facile stabilire una cronologia per questi rosoni, ma quelli inquadrati nella cornice cosmatesca e con i rilievi dei quattro Evangelisti, sembrano essere di concezione e manifattura più antica rispetto agli altri più semplici. Una possibile datazione può riferirsi ad un periodo compreso tra il 1185 e il 1210 per i primi tipi e tra il 1210 e il 1250 per i secondi.
La parte superiore sinistra del rosone e la decorazione.
Le foto in b/n sono della Deutsches Dokumentationszentrum für Kunstgeschichte – Bildarchiv Foto Marburg.
Fasce decorative esterne del rosone
Il rosone sulla facciata della basilica di San Francesco ad Assisi si presume fosse già terminato alla data della consacrazione della chiesa, avvenuta nel 1253. Tale rosone presenta tipologie gotiche negli archetti acuti trilobati sopra le piccole colonnine tortili, ma la decorazione delle stesse e quella esterna a guilloche cosmatesca circolare, è degnamente romanica e potrebbe essere stata preparata proprio da officine romane ancora attive nell’Urbe in quegli anni (tra cui forsequella dei Vassalletto, o anche quella di Luca e Iacopo II figli di Cosma). La semplicità di come appaiono le figure dei quattro Evangelisti, eseguite a sculture marmoree, che si vedono agli angoli del rosone di Assisi, senza sorta di decorazione alcuna che li possa collegare all’elemento centrale, può si ritenersi in linea con lo spirito della regola di povertà francescana, ma sembra costituire un elemento quasi di incertezza in una architettura in cui si stanno mescolando e lentamente trasformando i canoni stilistici dal romanico al gotico (3).
Analizzando il rosone di Santa Maria in Zoccoli, si ha l’impressione che nel tempo abbia subìto alcune modifiche. In particolare, le colonnine tortili sembrano essere di diversa tipologia lapidea rispetto agli archetti a tuttosesto che vi poggiano sopra, come se quest’ultimi fossero di materialediverso che ha sostituito quello precedente in una fase di rifacimento orestauro. Tali archetti mostrano l’incavatura tipica nella quale i marmorari erano soliti introdurvi le decorazioni musive di paste vitree o a tessere lapidee minute. Qui non se ne vede traccia, sebbene appaia logico supporre che un tempo vi fossero. Della stessa tipologia sembra essere la fascia circolare sulla quale poggiano le colonnette, con l’alveo guida in cuistavolta si vede un buon avanzo di decorazione tipicamente cosmatesca. Lo stesso discorso vale per le colonnette del cerchio interno piccolo. Le quattro fasce decorative esterne, invece, sembrano essere state realizzate direttamente nel muro di facciata. Il doveroso confronto con le decorazioni musive del portale e della bifora sulla facciata della chiesa di Santa Maria di Castello a Tarquinia, opera firmata dalla bottega di Ranuccio, mostra come avrebbe dovuto essere concepito un lavoro inteso in origine dall’inizio alla fine. Ma allo stesso modo, un altro valido esempio può essere il portico della cattedrale di Civita Castellana, dove il “lavoro principale” lo si vede concepito nel marmo appositamente lavorato e non sul muro di facciata. Tutto ciò, potrebbe far pensare ad un adattamento del primitivo rosone della chiesa di Santa Maria in Zoccoli, per essere arricchito delle decorazioni musive che i marmorari romani furono chiamati a realizzare, in occasione dei viaggi di Innocenzo III nella Tuscia e nella Sabina. A supporto di questa ipotesi, si può osservare che i patterns, i motivi geometrici, la tecnica e gli stilemi di dette decorazioni sono proprie della koiné artistica della bottega di Lorenzo e possono riferirsi ad linguaggio musivo maturo e tecnicamente avanzato (in questo rosone le tessere, minutissime, sono commesse tra loro in un intarsio di grande maestria e precisione, se si eccettuano alcuni tratti interessati da rifacimenti e ritocchi) tipico della prima metà del XIII secolo.
Tarano (Rieti), il rosone di Santa Maria Assunta
Tarano (Rieti), il rosone di Santa Maria Assunta
Sulla facciata della chiesa di Santa Maria Assunta, è presente un rosone romanico adornato di belle decorazioni cosmatesche in minute tessere lapidee policrome. La chiesa fu costruita agli inizi del XII secolo e il campanile reca la data del 1114 che indica probabilmente il suo completamento. Tuttavia, numerosi ed importanti interventi architettonici (l’ampliamento con due navate laterali e il conseguente inglobamento della torre nolare), furono realizzati nel Duecento, quando il borgo di Tarano raggiunse il periodo di massima importanza. La tipologia del rosone mostra una caratteristica che sembra unica nel territorio e che non si riscontra nemmeno negli altri esempi delle chiese umbre: le scanalature che ospitano le decorazioni musive negli archetti che collegano le piccole colonnette al centro del rosone, hanno un andamento “a falce di luna”, cioè sono più larghe al centro e più strette ai lati esterni.
Una soluzione che non si riscontra altrove e che sembra non potersi facilmente riferire ad un periodo precoce della storia del rosone romanico di tipo cosmatesco. Piuttosto, sembra una soluzione decorativa matura che appare quasi preludere figurativamente all’archetto a sesto acuto dei futuri rosoni gotici, realizzato su una struttura di rosone tipicamente romanico, seppur semplice e ad un solo ordine di colonne. La tipologia decorativa della fascia circolare esterna e dei motivi geometrici semplici, composti da serie alternate di quadratini e triangoli, trova buone analogie con gli esempi classici dei rosoni cosmateschi della bottega di Lorenzo, come quello sulla facciata della cattedrale di Civita Castellana, o con quello più complesso della chiesa di San Giovanni in Zoccoli a Viterbo. Considerato lo stile figurativo e decorativo, la tipologia delle decorazioni musive e la storia degli interventi architettonici dell’edificio, si può azzardare una possibile datazione, riferendola ai primi decenni del XIII secolo. Tuttavia, non si spiega la presenza di questo lavoro cosmatesco, che probabilmente non era il solo in questa chiesa, in un borgo così isolato e quasi al confine con l’Umbria, se non per il fatto che esso faceva parte di una catena di castra specialia ideati a partire da papa Niccolò II, e intesi ad estendere il dominio pontificio nel territorio diocesano per soffocare i possedimenti farfensi presenti nell’area.
Note:
1) Giuseppe Romagnoli, Francesca Occhiogrosso, Indagini archeologiche nella chiesa di San Giovanni in Zoccoli a Viterbo, in Fasti Online Documents & Research (internet), 2013; The Journal of Fasti Online, pubblicazione dell’Associazione Internazionale di Archeologia Classica.
2) Giuseppe Romagnoli, Francesca Occhiogrosso, op. cit. pag. 2.
3) Vincenzo Fasolo, voce “Rosone” in Enciclopedia Italiana Treccani, 1936: «L’architettura italiana di stile gotico procede dalle esperienze del periodo precedente (Romanico) e quindi non fa che sviluppare i motivi dei costruttori romanici con la variante di elementi stilistici gotici (colonnine tortili, archi di raccordo a sesto acuto, forme polilobate, intrecci, ecc.): si vedano come esempi massimi, tecnicamente e stilisticamente complessi, i rosoni delle facciate del Duomo di Orvieto e di Siena».
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