Ruggero II: il regno del leone

Ruggero riceve la corona da Cristo, mosaico presso la Chiesa della Martorana
Ruggero riceve la corona da Cristo, mosaico presso la Chiesa della Martorana

Ruggero II: il regno del leone di Jacopo Mordenti

Determinato, ambizioso, forse persino spregiudicato: Ruggero II Altavilla fu il normanno capace, pur fra mille resistenze, di unire il Sud Italia sotto i vessilli del Regno di Sicilia.

Contrariamente a quanto potrebbe far credere la titolatura con la quale è generalmente noto, Ruggero II (1095 – 1154) fu il primo sovrano del Regno di Sicilia, una complessa compagine territoriale che non solo arrivò ad estendersi per circa un terzo della superficie della penisola italiana, ma che – pur fra mille avvicendamenti e trasformazioni – non venne formalmente meno se non nel 1861, con l’unità d’Italia.

Per comprendere l’origine del regno, istituito nel 1130, è necessario rifarsi agli albori della presenza normanna nell’Italia meridionale. Fu sullo scorcio del X secolo che, per la prima volta, alcuni gruppi di normanni si trovarono a transitare in Italia, in veste non di guerrieri ma piuttosto di pellegrini di ritorno dalla Terrasanta. Solo agli inizi dell’XI secolo essi iniziarono a mettere la propria abilità militare al servizio dei vari signori locali, insinuandosi via via nei conflitti che vedevano longobardi e bizantini contendersi il Mezzogiorno. Nel volgere di una generazione, complice anche l’arrivo di forze fresche dalla Normandia, il loro apporto militare dovette diventare determinante, al punto da essere ricompensato con significative concessioni territoriali: fu appunto quale ricompensa per il sostegno al duca bizantino di Napoli contro il principe longobardo di Capua che, nel 1029, venne istituita la prima contea normanna in Italia, ad Aversa. Essa rappresentò il primo di una nutrita serie di traguardi che i normanni conseguirono nei decenni successivi, espandendosi inarrestabilmente a danno tanto dei longobardi quanto dei bizantini, senza che né l’imperatore germanico, né soprattutto il papa, potessero contenere la loro ascesa.Regno_di_Sicilia_-_Altavilla_1160

Sarebbe tuttavia un errore intendere tali successi come il risultato di uno sforzo congiunto. Al contrario: il fronte normanno era quanto mai frammentario, giacché animato dal desiderio di affermarsi di questa o di quest’altra famiglia. A distinguersi in questo frangente furono in primo luogo gli Altavilla (dalla località di Hauteville, in Normandia): nella seconda metà dell’XI secolo essi espressero personalità di assoluto rilievo, quali Roberto – detto il Guiscardo, cioé l’Astuto (1025 ca – 1085) – e suo fratello minore Ruggero (1031 ca – 1101). Furono appunto loro due che, forti della posizione raggiunta nel Mezzogiorno – il Guiscardo, in particolare, nel 1059 aveva costretto papa Niccolo II a riconoscerlo Duca di Puglia e Calabria – nel 1061 avviarono la conquista di uno dei territori più floridi e ricchi del Mediterraneo: la Sicilia musulmana.

Sebbene la spedizione siciliana avesse preso le mosse dalla richiesta di soccorso di un signore locale, Ibn ath-Thumna, già a partire dall’occupazione di Messina (1061) fu chiaro come Roberto e Ruggero guardassero alla Sicilia come a una preziosa opportunità di espandere congiuntamente i propri domini: nel 1071 veniva conquistata Palermo; venti anni più tardi anche le ultime sacche di resistenza musulmana, a Butera e a Noto, venivano tacitate. I risultati sul campo di battaglia assunsero però un significato imprevisto nel 1085, allorquando morì il Guiscardo: la sua precoce dipartita, in assenza di un erede adulto, da un lato segnò l’avvio di un lungo periodo di turbolenza nel Mezzogiorno, dall’altro lasciò Ruggero libero di governare in piena autonomia, in qualità di conte, la Sicilia e una cospicua porzione di Calabria.

Il conte Ruggero venne meno nel 1101. Sposatosi in terze nozze con Adelasia, appartenente alla prestigiosa famiglia degli Aleramici, aveva escluso dalla successione i figli avuti nel corso dei primi due matrimoni; dato che il primogenito di Adelasia, Simone, morì a sua volta nel 1105, ancora bambino, la contea passò a suo fratello Ruggero. Fu proprio Adelasia a curare la reggenza in attesa della maggiore età del figlio, arginando le forze centrifughe che andarono subito manifestandosi.

Nato a Mileto, fulcro del potere di Ruggero I, Ruggero II trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza nella cosmopolita Palermo, che Adelasia aveva reso capitale della contea; raggiunta nel 1112 l’età adulta, nel 1117 Ruggero aveva sposato Elvira, figlia del re di Castiglia Alfonso VI. I fronti sui quali Ruggero andò subito impegnandosi furono almeno due: i rapporti con il Papa, da una parte, e dall’altra quelli con i normanni del Ducato di Puglia. Questi ultimi, a partire dal 1114, con l’avallo di papa Pasquale II avevano trovato una nuova guida in Guglielmo, nipote del Guiscardo: Ruggero II, che pure – in virtù dei vecchi rapporti tra Ruggero I e il Guiscardo – era formalmente vassallo del cugino, fin da subito adottò contro di questi una strategia di costante logoramento. Quanto al papa, Ruggero rispose alla pretesa autocratica di Roma con un’apertura al culto bizantino: mosse da ciò la costruzione, avviata nel 1122, del monastero del San Salvatore a Messina, il cui modello erano i monasteri imperiali bizantini.

I primi frutti del suo atteggiamento l’Altavilla li poté raccogliere già intorno al 1123, allorquando – stante la mediazione di papa Callisto II – riuscì a volgere a proprio vantaggio la rappacificazione con Guglielmo: in cambio di cento cavalieri per arginare la rivolta di Giordano d’Ariano, egli ottenne il dominio sull’intera Calabria, che divenne la testa di ponte per nuove pressioni militari sul Mezzogiorno. Due anni più tardi Ruggero comprò da Guglielmo la designazione a erede del Ducato di Puglia, che poté spendere nel 1127 una volta venuto a mancare il cugino. Si trattò di un frangente delicato, giacché Ruggero dovette fare i conti con l’ostilità di papa Onorio II – l’unico titolato ad attribuire il ducato – e con quella degli altri riottosi capi normanni. Scomunicato, nel 1128 l’Altavilla si predispose ad affrontare militarmente la coalizione avversaria, alla cui testa era stato posto il principe di Capua Roberto II: grazie a un’intelligente strategia temporeggiatrice, l’efficace esercito di Ruggero II, costituito perlopiù da soldati stipendiati, non dovette nemmeno ingaggiare battaglia contro quello nemico, che andò disperdendosi. Di contro alla garanzia che l’enclave pontificia di Benevento e il principato di Capua non sarebbero stati aggrediti, papa Onorio II dovette rassegnarsi a investire Ruggero del Ducato di Puglia, Calabria e Sicilia.

Il definitivo salto di qualità lo si compì nel 1030. Alla morte di Onorio II il conclave si spaccò, e si giunse pertanto a uno scisma fra due pontefici, Innocenzo II e Anacleto II, dei quali il primo – apparentemente più debole – raccoglieva consensi nel fronte avverso a Ruggero, mentre il secondo si mostrava fin da subito aperto alle sue ragioni. È in questo contesto di incertezza che venne concepito il Regno di Sicilia, benché sia arduo stabilire se esso rappresentasse il culmine dell’ambizione ruggeriana o, piuttosto, una prestigiosa strategia difensiva attuata da un pontefice in difficoltà.

Palermo, ducalis di Ruggero II d'altavilla, 1130-1154
Palermo, ducalis di Ruggero II d’altavilla, 1130-1154

Ruggero II venne acclamato, unto e incoronato re di Sicilia a Palermo, durante il Natale del 1130. Tradurre in pratica questo nuovo ruolo, tanto più nel Mezzogiorno, si dimostrò tuttavia arduo: all’avvio di un celebrativo programma iconografico e architettonico (imperniato su Palermo e non solo: si pensi alla straordinaria cattedrale di Cefalù), per non meno di dieci anni fecero da contraltare le resistenze di città e capi normanni ribelli. A partire dal 1131 Ruggero ebbe la meglio su Amalfi, Bari, Brindisi, Troia e numerosi altri centri; punì – a volte in maniera eclatante – le ribellioni di Goffredo d’Andria, di Tancredi di Conversano, di Rainulfo d’Alife. Le occasionali sconfitte a cui andò incontro – come quella del 1132, inflittagli a Nocera dal principe di Capua, o quella del 1137, subita a Rignano per mano di Rainulfo d’Alife – di fatto non risultarono determinanti, e dovettero forse impensierirlo meno di quanto non fece la grave malattia a cui scampò a stento sullo scorcio del 1134 (malattia della quale, invece, morì la regina Elvira). Se possibile, a partire dal 1135 Ruggero II arrivò a concepire nuove prospettive di espansione: dopo aver subinfeudato ai primi due figli il Ducato di Puglia e il Principato di Bari, investì il terzogenito del Principato di Capua, legando così alla famiglia reale la tradizionale tripartizione del Mezzogiorno normanno. Venuto meno nel 1138, con la morte di Anacleto II, il sostegno papale, il re di Sicilia dovette affrontare l’ostilità di Innocenzo II, contrario a un ampliamento verso nord dell’orbita ruggeriana: fatto prigioniero in seguito alla sconfitta di San Germano (l’attuale Cassino), nel 1139 Innocenzo non poté che riconoscere a Ruggero il dominio sull’intero Sud Italia, Principato di Capua compreso. L’anno seguente il confine settentrionale del regno andò ulteriormente rafforzandosi, finendo per inglobare l’Abruzzo.

Negli anni, simili successi portarono a un’evoluzione della concezione ruggeriana del potere regale, che l’Altavilla arrivò a intendere come direttamente dipendente dalla volontà divina. Veniva chiamato in causa il modello imperiale romano molto più che non quello germanico: fu da ciò che scaturì quella riflessione sul reato di lesa maestà di fondamentale importanza per la teoria politica occidentale medievale e moderna. Beninteso si trattò di un processo intellettuale elastico, costantemente in divenire, che si interruppe solo con la morte di Ruggero nel 1154. In assenza di altri eredi in vita, gli successe il quartogenito Guglielmo (1131 – 1166), che si direbbe non aver dimostrato lo stesso carisma e la stessa intraprendenza del padre. Pure in fibrillazione, il Regno di Sicilia non venne meno: decenni dopo, con Federico II, avrebbe persino incrociato i destini dell’Impero.

La tomba di Ruggero II nella Cattedrale di Palermo
La tomba di Ruggero II nella Cattedrale di Palermo

La gamba africana del dominio normanno

Tanto per ragioni storiche quanto per ragioni geografiche, il dominio sulla Sicilia proiettò gli Altavilla in una dimensione geopolitica mediterranea. Significativamente fu l’Africa, non la Terrasanta, ad attirare ripetutamente l’attenzione dei conti normanni: va tuttavia notato che se Ruggero I si limitò prudenzialmente ad imbastire con le città nordafricane dei rapporti commerciali, Ruggero II alla bisogna arrivò a mettere mano alle armi. Nel 1123, approfittando della debolezza della dinastia ziride, espressa in quel frangente dall’emiro dodicenne Hasan, Ruggero attaccò la città di Mahdia: le difese di essa si rivelarono tuttavia più efficaci di quanto previsto, al punto che i normanni dovettero tornare a fare vela verso la Sicilia abbandonando a se stessa la guarnigione che aveva occupato il castello di Dimas. Anni dopo, intorno al 1134, Ruggero inviò una flotta non contro, bensì a sostegno di Hasan, attaccato dall’emiro di Bugia Yahya; ottenuta la sottomissione formale di Hasan, che fra il 1141 e il 1142 si era rivelato impossibilitato a saldare le forniture di grano dalla Sicilia, nel 1148 Ruggero procedette alla conquista diretta di Mahdia. Non è che un esempio dell’attivismo normanno nel Nord Africa: in quegli stessi anni Ruggero ottenne infatti anche il controllo dell’Isola di Gerba (1135), di Tripoli (1146) e di altre postazioni strategiche, spingendosi nel 1153 fino a Bona (l’odierna Annaba) per fronteggiare l’avanzata degli Almohadi da ovest.

Nell’economia della politica mediterranea di Ruggero II non va taciuto come questi, sullo scorcio degli anni Quaranta del XII secolo, arrivò ad imbastire anche una campagna marittima ai danni dell’impero bizantino, inviando la propria flotta a saccheggiare Tebe, Atene, Corinto, ecc. ecc.. I risultati di tale campagna furono però effimeri: si prenda il caso di Corfù, arresasi a Ruggero II nel 1147 e tuttavia recuperata all’impero già due anni più tardi.

La corte palermitana

Negli anni di Ruggero II – e ancora prima, a ben vedere, in quelli di Adelasia – la corte palermitana poté giovarsi di alcuni valenti, fidati collaboratori, non pochi dei quali erano di origine non latina. Fra di essi va ricordato in primo luogo Cristodulo: benché la sua provenienza non sia chiara – è stato ipotizzato, in virtù dei suoi buoni rapporti con l’imperatore bizantino Alessio I Comneno, come fosse originario della Calabria bizantina – nelle fonti è rimasta una traccia nitida del suo ruolo di spicco nella formazione e nel governo del giovane Ruggero; attestato già negli anni della reggenza di Adelasia, egli cadde forse in disgrazia il seguito al fallimento della spedizione contro Mahdia del 1123.

Una seconda personalità da ricordare è Giorgio d’Antiochia: di origine greco-melchita, fu uno dei protagonisti della politica mediterranea di Ruggero II, nonché ammiraglio (ovvero emiro, comandante) della temibile flotta normanna; fu per suo volere che venne eretta a Palermo la chiesa di S.Maria dell’Ammiraglio (detta la Martorana), che ancora oggi custodisce l’immagine più nota di Ruggero II, rifacentesi a modelli bizantini significativamente precedenti a quelli del XII secolo.

Carta-circolare-del-mondo-copia-del-XVI-sec.-del-Libro-di-Ruggero-di-al-Idrisi-1154
Libro di Ruggero, al-Idrisi, 1154

Una menzione particolare va poi a al-Idrisi, l’erudito marocchino autore del cosiddetto Libro di Ruggero (Il diletto di chi è appassionato per le peregrinazioni attraverso il mondo): si tratta di una descrizione del mondo corredata di mappa geografica, che nel complesso si configurò come un’opera molto innovativa nell’economia del periodo; si ipotizza che Ruggero II non si limitò a commissionarla, ma che anzi arrivò a prendere parte alla sua stesura.

È infine il caso di ricordare Nilo Doxapatres, un teologo bizantino ospitato in Sicilia dal 1140 circa alla sua morte, intorno al 1146. Nilo rivestì in quel frangente un ruolo di primo piano nell’elaborazione della risposta bizantina al cosiddetto primato romano, risposta che all’atto pratico puntava a far cadere l’Italia Meridionale e la Sicilia nell’orbita non del vescovo di Roma, bensì del patriarca di Costantinopoli. Inutile dire come papa Celestino II prima, e papa Lucio II poi, non gradirono il favore accordato nei fatti da Ruggero II a simili posizioni.

La commistione culturale del Regno

Si sente sovente parlare dell’età normanna – e in particolare degli anni di Ruggero II – come di un’epoca caratterizzata da una pacifica, proficua convivenza fra la cultura latina e quella greca, quella araba, quella ebraica. Un’immagine del genere non è del tutto avulsa dalla realtà, giacché davvero il Regno di Sicilia ospitò comunità fra loro molto diverse per confessione, storia, consuetudini. Sarebbe tuttavia un errore intravedere, dietro tale equilibrio, un disegno ecumenico coltivato da una dinastia in anticipo sui tempi: la commistione culturale del regno fu piuttosto un dato di fatto dal quale gli Altavilla si resero conto di non potere prescindere; essi poterono al più cercare di gestire al meglio tale situazione, avallando l’affermazione della cultura latina solo in una prospettiva di lungo periodo. Ovviamente, ciò non esclude come alcuni elementi culturali originariamente estranei ai normanni abbiano potuto con il tempo filtrare nell’immaginario latino, interagendo magari con i dettami di esso. Si prenda ad esempio il mantello di Ruggero II, realizzato intorno al 1133: esso fa perno su di un linguaggio iconografico evidentemente debitore della cultura islamica, e peraltro si configura come la prima attestazione dell’impiego del leone quale animale araldico degli Altavilla. Significativo in questo senso anche il piatto di smalto nel ciborio di San Nicola di Bari, realizzato probabilmente intorno agli anni Trenta del XII secolo: l’immagine di Ruggero che presenta si direbbe essere il risultato di una rielaborazione, alla luce della sensibilità occidentale, dell’iconografia bizantina.

Le assise di Ariano

Titolo rubricato delle Assise, cod. Cass.
Titolo rubricato delle Assise, cod. Cass.

Si è molto discusso intorno all’autentico significato delle cosiddette assise di Ariano, un corpus legislativo prodotto in occasione dell’assemblea di vescovi e feudatari convocata da Ruggero II nel 1140, appunto ad Ariano. Senza addentrarsi nei problemi – certo non secondari – inerenti le scarse fonti che ne lasciano testimonianza, è bene tenere presente come le assise non possono essere intese alla stregua di una legislazione compatta e omnicomprensiva, quasi che si sia alle prese con una rivoluzionaria anticipazione dell’Età Moderna; del resto, esse insistevano su di un regno le cui componenti risultavano all’atto pratico estremamente varie fra loro. Ciò certamente non esclude come abbiano comunque potuto rappresentare una certa quale novità nel panorama delle legislazioni coeve; nello specifico, a titolo di esempio, esse videro l’introduzione di un’importante quanto fallimentare riforma monetaria (concretizzatasi nella coniazione del ducale d’argento, che andava ad aggiungersi al tarì d’oro e al follaro di rame), nonché la puntualizzazione dell’impiego di camerari e giustizieri, figure funzionali all’amministrazione del Mezzogiorno.

N.B.:Questo articolo è stato pubblicato su Storica National Geographic n° 61 del marzo 2014 e appare qui per gentile concessione dell’editore e dell’autore.

Jacopo_Mordenti_200x200Jacopo Mordenti (1982) è l’autore del saggio Templari in Terrasanta. L’Oltremare del Templare di Tiro, pubblicato nel 2011 per i tipi di Encyclomedia Publishers. Ha conseguito nel 2008 la laurea specialistica in Culture del Medioevo e Archivistica presso l’ateneo di Bologna: la sua tesi, incentrata sugli ultimi decenni di vita dell’ordine templare, ha preso le mosse da una fonte relativamente poco nota come la cosiddetta “Cronaca del Templare di Tiro”, terza e ultima parte di un’opera più complessa, conosciuta come “Gester des Chiprois” e giunta fino a noi in un’unica copia trecentesca. Il suo lavoro universitario di ricerca è stato insignito della dignità di stampa.
Scrive su temi che spaziano dalla tarda antichità fino al Basso Medioevo per il mensile Storica National Geographic. Collabora stabilmente attraverso i suoi scritti con l’associazione culturale Italia Medievale e con la Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani (L.A.R.T.I.) che si occupa della storia del Tempio soltanto attraverso fonti storicamente documentate.
CATEGORIE
CONDIVIDI SU
Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
WhatsApp
Email
Stampa
My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.