Santa Maria Incoronata

facciata_santa_maria_incoronataSanta Maria Incoronata di Marta Frigerio

Monumento di culto della Milano quattrocentesca, la chiesa doppia di Santa Maria Incoronata è simbolo della tradizione umanistica promossa dalla comunità agostiniana.

Situata all’incrocio tra Corso Garibaldi e via Marsala, l’edificio sorge sull’antica chiesa di Santa Maria di Garegnano e sull’annesso convento, ceduti nel 1445 dagli eremitani di San Marco alla Congregazione lombarda dell’Osservanza dell’Ordine di Sant’Agostino.

Solo cinque anni dopo, Bianca Maria Visconti (1425-1468), duchessa di Milano e moglie di Francesco Sforza (1401-1466), ordinò l’edificazione di una nuova chiesa, intitolata a San Nicola da Tolentino. Essa corrisponde all’attuale navata destra, mentre sull’antica Santa Maria di Garegnano sorgono oggi la seconda e la terza cappella della navata sinistra.

L’ampliamento del complesso proseguì nel 1451, quando Francesco Sforza, da poco assurto a Duca di Milano, donò ai padri agostiniani un lotto di terreno sul quale realizzare un orto e un secondo monastero, intitolato a Santa Maria Incoronata e dedicato al nuovo protettore della città.

I due edifici vennero così unificati, secondo una configurazione a “chiesa doppia” e con una pianta piuttosto semplice: quadrata, a due navate, divise da archi a sesto acuto, coperte da volte a crociera e terminanti con absidi poligonali, con tre cappelle laterali per ciascuna navata.

Nella seconda metà del XV secolo, vennero edificati un porticato e un grande chiostro quadrato, decorato da affreschi rinascimentali oggi solo in parte apprezzabili (1451-1480). Seguì la costruzione di un chiostro minore e della biblioteca, cuore della religiosità e del sapere umanistico agostiniano (1480-1487). Il complesso venne arricchito, nel 1510, da un terzo chiostro e da un refettorio (non più esistenti).

Nei secoli successivi, vennero promossi ulteriori interventi, tra cui l’innalzamento dello scalone monumentale nel 1751, fino alla soppressione del convento nel 1798, disposta dai decreti napoleonici. Nel 1900, mediante un attento lavoro di restauro, venne ripristinato l’aspetto tipicamente gotico lombardo del monumento, alterato dai numerosi interventi seicenteschi.

La chiesa si compone dunque di due facciate identiche, con prospetto a capanna; ciascuna dispone di un portale ogivale sormontato da una lunetta decorata con una scultura a bassorilievo. Più in alto si aprono due monofore anch’esse ogivali e al centro, poco sopra, si staglia il rosone circolare.

Sulle facciate trovano posto due lastre postume e non originarie, nonché inesatte: la prima commemora la fondazione della chiesa intitolata San Nicola da Tolentino, da parte di Bianca Maria Visconti, nel 1460; la seconda ricorda invece l’edificazione della seconda chiesa, intitolata a Santa Maria Incoronata, ad opera di Francesco Sforza, nel 1451.

Degno di nota è anche la torre campanaria a base quadrata, che si innalza tra le due absidi con una terminazione conica in laterizio e quattro gugliette angolari.

All’interno, le due navate conducono ad altrettante absidi poligonali, che conservano preziosi manufatti: a sinistra, un altare ottocentesco in stile neoclassico impreziosito da marmi policromi, sormontato da un ciborio circolare con cupola semisferica e sorretto da colonne corinzie; a destra, nell’antica cappella affrescata nel Seicento con brani tratti dall’agiografia di San Nicola da Tolentino, spiccano un altare barocco e un crocifisso di scuola ghibertiana, sfortunatamente mutilo delle braccia.

Sulla navata sinistra si aprono tre cappelle. La prima è intitolata al Bergognone, che nella seconda metà del XV secolo vi affrescò “Il torchio mistico”, opera scoperta solo nel 1930, dall’iconografia piuttosto rara: vi è raffigurato Cristo intento a premere l’uva in un tino, sotto il peso della croce che diventa torchio, così come il sangue eucaristico è simboleggiato dal mosto, raccolto nei calici dai Padri della Chiesa, tra i quali riconosciamo San Gregorio, con le fattezze di Sisto IV (1414-1484). Tale parete costituiva in origine la facciata della prima aula agostiniana intitolata alla Beata Vergine di Garegnano; effettivamente, la fragilità dell’intonaco sembra rivelare come il dipinto murale dovesse trovarsi un tempo all’aperto. Sul lato opposto della cappella è collocato il monumento funebre di Giovanni da Tolentino, umanista cinquecentesco.

La seconda cappella, detta anche “della Purificazione”, è intitolata a San Nicola da Tolentino, per la presenza dell’altare e di una scultura lignea del santo. Di gran pregio sono le pitture murali, realizzate da Ercole Procaccini il giovane, Giovanni Stefano Montalto e Luigi Pellegrini.

La terza cappella, infine, senza alcuna denominazione, è degna di nota per un’Annunciazione a bassorilievo e per i teleri di ambito lombardo di XVII secolo.

La navata destra presenta altrettante cappelle. La prima, detta “della Sacra Famiglia”, si configura come luogo di sepoltura della famiglia Bossi, nonché di casate gentilizie legate agli Sforza.

Dal nome dell’altare ivi eretto, prende nome la cappella “del Sacro Cuore”.

Infine, nella cappella “dei Mercalli” sono deposte le spoglie del monsignore Gaetano Mercalli e del fratello Giuseppe, sacerdote e celebre scienziato.

Ben conservata è anche la Biblioteca (“libraria”) agostiniana, situata al primo piano dell’edificio, con pianta ad aula unica a tre navate. Costruita nel 1487 per volontà di padre Luchino Aretino da Milano, era stata in seguito adibita a celle per i frati, ad abitazione del parroco e ad uffici parrocchiali. Riscoperta solo in seguito agli ultimi lavori di restauro, portati avanti negli anni ’80 del secolo scorso, la biblioteca è stata portata in luce nel suo aspetto originario, con le preziose pitture murali che ne decoravano le pareti (Magistri Sacrae Pagine, dottori e teologi agostiniani, oltre a motivi ad intreccio sulla zoccolatura), le volte (monogramma bernardino IHS) e le colonne (motivi marmorei). L’impianto decorativo, indicato dall’Ordine, vide certamente artisti capaci di dargli forma e sostanza, quali, secondo l’ipotesi maggiormente condivisa, Zenale e Butinone.

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Marta Frigerio
marta_frigerioClasse 1990, comasca, vive e studia a Milano.
Conseguita la laurea triennale in Scienze dei beni culturali presso l’Università degli Studi di Milano, si trasferisce a Londra, dove perfeziona la conoscenza della cultura artistica britannica, nonché della lingua inglese. Tornata in patria, si iscrive al corso di laurea magistrale in Archeologia e Storia dell’Arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Si interessa di storia dell’arte, editoria e critica d’arte contemporanea; fotografa per passione.
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