Storia del perdono. Dall’indulgenza crociata al primo Giubileo

L’assedio di Acri in una miniatura di un artista francese del 1400

Storia del perdono. Dall’indulgenza crociata al primo Giubileo di Enrico Laurito
Nella tesi di laurea in Storia Medievale che ho recentemente discusso ho trattato un argomento che il più delle volte sfugge alle pubblicazioni anche più importanti sulle crociate: si tratta dell’indulgenza crociata, la straordinaria forma di perdono concesso dal papa ai pellegrini armati in partenza per i luoghi della Terra Santa sotto il dominio musulmano. Il basso Medioevo, complesso spazio lungo cinque secoli, conobbe una fibrillante vita religiosa, comunitaria e individuale, unita a una crescente ansia escatologica e alla nascita di realtà (come gli ordini mendicanti) che hanno scompaginato i complessi equilibri di una Chiesa in crisi e introdotto nella società religiosa medievale nuove pratiche. In questo periodo di rinnovamento si inserisce la stagione crociata, che – almeno tenendo conto delle spedizioni più importanti e famose – inizia con la proclamazione del primo viaggio armato nel complesso concilio di Clermont (voluto da Urbano II nel 1095) e si conclude con l’assedio di Acri nel 1291 e la conseguente caduta degli stati crociati. In questi due secoli i pontefici regnanti bandiranno diverse spedizioni crociate: viaggi estenuanti, mistici, di profonda portata non solo militare quanto autenticamente cristiana e devozionale. L’unica crociata ad aver avuto un’intonazione pacifica (forse, conciliante) fu quella di Federico II, conclusasi nel 1229 per vie diplomatiche. Questi pellegrinaggi armati permettevano ai partecipanti – ma anche a coloro che, per ragioni soprattutto fisiche, non potendo partire restavano in patria e finanziavano i milites – d’ottenere la più importante concessione di grazia che un cristiano potesse ricevere: l’indulgenza plenaria. Il primo a concederla fu Urbano II, che nel canone 9 del Concilio di Clermont (chiamato “canone dell’indulgenza”) afferma:

A chiunque avrà intrapreso il viaggio per Gerusalemme allo scopo di liberare la Chiesa di Dio, ammesso che sia per pietà e non per guadagnare onori e denaro, questo viaggio verrà contato come penitenza completa.

Nei secoli, la struttura della concessione indulgenziale è ovviamente cambiata, con l’inserimento di aspetti legati alle pratiche e alle azioni che dovevano compiere sia i partecipanti alla spedizione, sia i familiari, sia il clero stesso. Nel corso del concilio Lateranense I, celebrato nel 1123, papa Callisto II si impegnò a difendere «le case, le famiglie e tutti i loro beni sotto la protezione del beato padre Pietro». Una fonte interessante da questo punto di vista è, senz’altro, la Quantum Praedecessores, promulgata da papa Eugenio III nel 1145 e indirizzata al re di Francia Luigi VII, in cui il pontefice concede il perdono plenario a coloro che avrebbero liberato Edessa. La lettera, accuratamente strutturata, serviva a comunicare al più alto numero di persone l’importanza di partire per la spedizione e ad evidenziare le ricompense spirituali che avrebbero ottenuto. Eugenio traccia un forte collegamento con papa Urbano II, che cita per ben tre volte, sottolineando l’importanza del successo del primo viaggio e il trionfo concesso da Dio:

concediamo e confermiamo per l’autorità concessaci da Dio […] quella remissione dei peccati che il nostro predecessore papa Urbano fece […]; colui che devotamente inizierà un viaggio così sacro e lo compirà, o morirà durante esso, otterrà l’assoluzione per tutti i suoi peccati.

Un’occasione ulteriore per ricevere il perdono completo fu concessa nel corso del concilio di Lione II, celebrato nel 1274. Gregorio X aprì i lavori conciliari con l’intento di indire un nuovo viaggio armato, ma il suo appello rimase inascoltato. In ogni caso, il papa avrebbe concesso un’ampia indulgenza, sia ai cavalieri che ai finanziatori:

concediamo a tutti quelli che personalmente e a proprie spese affronteranno la fatica di passare il mare in aiuto della Terra Santa, purché siano sinceramente pentiti col cuore e li abbiano confessati con la bocca, il perdono completo dei loro peccati […]. Vogliamo e concediamo che di questa remissione, in proporzione all’aiuto prestato e all’intensità della loro devozione, godano anche tutti quelli che sovvenzioneranno la Terra Santa con i loro beni.

Come ho scritto, l’esperienza crociata in Terra Santa si concluse nel 1291 con l’assedio di Acri, ma già da tempo l’iter stesso era in crisi e l’inziale entusiasmo aveva ceduto il passo a ripensamenti, dubbi, inquietudini. Nel corso del XIII secolo si fecero strada, oltre al viaggio verso i Luoghi Santi, numerosi pellegrinaggi locali. L’esperienza francescana esaltò la Porziuncola, chiesetta assisana. Secondo la tradizione, nel 1216, il serafico padre, dopo una visione celeste, avrebbe chiesto a papa Onorio III di concedere l’indulgenza plenaria a coloro che vi si fossero recati in preghiera ogni anno tra il 1° e il 2 agosto. In realtà, pare che tale pratica avesse inizio dopo la metà del secolo. Un’esperienza ulteriore, a ogni modo, si deve a papa Celestino V: uno dei suoi primissimi atti dopo l’elezione fu, infatti, quello d’istituire, attraverso la Inter sanctorum solemnia, la concessione dell’indulgenza a chi si fosse recato nella basilica aquilana di Collemaggio tra il 28 e il 29 agosto d’ogni anno. L’ultima occasione del secolo per ricevere il perdono completo, in cui confluiscono le precedenti esperienze, fu quella dell’Anno Santo, o Giubileo, indetto da Bonifacio VIII nel 1300 con la bolla Antiquorum habet fida relatio. Dopo aver visitato le basiliche apostoliche di San Pietro e di San Paolo si poteva ricevere l’indulgenza plenaria. Per la prima volta Roma è sostituita a Gerusalemme, rivestendosi di una potente forza mistica – data dalla presenza in città di molte reliquie e resti sacri, tra cui la Scala Santa, portata da Elena imperatrice nel 326 –, apparendo ai pellegrini come la nuova Città Santa, quella dove il cristianesimo apostolico delle origini incontra il presente e diventa un tutt’uno con la Chiesa. Per i cristiani di fine Duecentoo, l’anno secolare coincideva con i tredici secoli dalla venuta nel mondo di Cristo: si credeva che l’inizio del nuovo secolo avrebbe portato un rinnovamento nella fede, una nuova conversione, nonché grande speranza. L’escatologia di quel periodo, l’ansia del ritorno sulla terra del messaggero di Dio, l’incontro con il sommo giudice, fecero in modo che già alcuni mesi prima dell’indizione del Giubileo, numerosi pellegrini raggiungessero Roma per onorare la città sede dei due nuclei apostolici. La volontà di papa Caetani era quella di una cadenza cinquantennale dell’evento, per garantire una sorta di esclusività dell’indulgenza, ma, negli anni, il periodo tra un Giubileo e l’altro andò riducendosi sino ad arrivare al quarto di secolo.
Il Giubileo del 1300, ben descritto nella cronaca Liber de centesimo seo iubileo anno di Iacopo Stefaneschi, rappresenta l’apice della vita spirituale medievale. L’indulgenza plenaria, rivolta ai protagonisti dei viaggi armati oppure concessa ai pellegrini degli itinerari italiani, è il più alto veicolo per raggiungere la perfetta condizione dell’anima. Si deve però sempre tenere a mente la complessità delle pratiche per ottenere l’indulgenza. Le crociate erano inevitabilmente pericolose e si poteva perdere la vita durante il tragitto o una volta arrivati nelle terre del nemico, ma anche i pellegrinaggi non armati poteva essere estenuanti, così come l’intensità della preghiera e le pratiche devozionali di certo non erano facili da affrontare. L’uomo del Medioevo, che viveva nella continua ricerca del soprannaturale, era pronto, però, a mettere la propria vita nelle mani di Dio e della Chiesa, pur di ottenere la straordinaria grazia indulgenziale, prerogativa dei martiri.

Enrico Laurito

Laureato in Storia Medievale, è appassionato di Storia della Chiesa nel Medioevo e nell’età contemporanea. Per L’Opinione delle Libertà scrive editoriali su storia, società e politica.
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