Storia e storie: ritratti celebri e maledetti, i coniugi Arnolfini

Storia e storie: ritratti celebri e maledetti, i coniugi Arnolfini di Laura Malinverni
Il ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck ha fama di essere misterioso ed enigmatico. I protagonisti sono Giovanni Arnolfini e (probabilmente) la sua prima moglie, Costanza Trenta, che morì di parto nel 1433. Gli Arnolfini, lucchesi, erano i più ricchi e influenti mercanti di sete di Bruges e sono rappresentati nella stanza da letto, in una posa che sembra quella di un giuramento di nozze: al matrimonio rimandano tutti i dettagli del quadro, dal cagnolino, segno di fedeltà coniugale, all’arancia, simbolo di fertilità, fino ai rosari, regali abituali di fidanzamento. I due sono scalzi, forse in segno di rispetto verso la sacralità del suolo della casa. Lei sembra incinta: a dare questa impressione concorrono, volutamente, il suo abito a vita alta, la stoffa tenuta sul ventre e l’esagerata curvatura del corpo.
Lo specchio convesso alle spalle degli sposi, piccolo quadro “diverso” all’interno del quadro maggiore, rivela che davanti alla coppia ci sono almeno altri due personaggi, uno vestito di rosso e l’altro di azzurro. Uno di loro è il pittore, dato che afferma con la propria firma di essere stato presente. La citazione “Jan van Eyck fu qui” sembra però più una testimonianza che una firma dell’opera (che nella forma consueta sarebbe stata: “Johannes de Eyck fecit”). Il quadro venne realizzato, come scritto, nel 1434, cioè ben 7 anni dopo il fidanzamento della coppia e uno dopo la morte della donna. Come mai?
Nasce così l’ipotesi che si tratti di un ritratto commemorativo della prima moglie dell’Arnolfini, morta di parto. A un lutto alluderebbe anche la candela spenta sul lampadario: delle due, l’unica accesa è quella che rappresenta lo sposo.
Più difficile è spiegare perché il ritratto da subito, negli inventari, venne descritto come “un grande quadro coperto alla vista da due sportelli”, da aprire con una serratura. Perché mai gli Arnolfini, coppia “normale” e borghese, avrebbero dovuto essere nascosti e tenuti sotto chiave come i santi delle pale fiamminghe?
Si è parlato anche di un possibile esorcismo o di una cerimonia per recuperare la fertilità: in tal caso la donna ritratta non sarebbe la moglie defunta del mercante, ma la seconda, Giovanna Cenami, dalla quale però l’Arnolfini non ebbe figli. Le cerimonie per propiziare la fertilità non erano rare all’epoca. Sulla testata del letto è una gargolla che indicherebbe un oscuro presagio sull’unione…
Forse il quadro è l’allegoria di un abuso? Nell’immagine riflessa nello specchio, il cagnolino (simbolo di fedeltà coniugale) non c’è più; e se nell’opera principale Giovanni, tenendo con la sinistra la mano destra della donna, fa un gesto ambiguo con la destra che può essere un saluto, un cenno di autodifesa o un giuramento, nel riflesso le mani dei due sono sparite, come bruciate, e al loro posto c’è una macchia nera, fumosa!
Forse conoscere i retroscena del primo (e del secondo) matrimonio dell’Arnolfini aiuterebbe… Sul ricco mercante girarono infatti anche voci di libertinaggio e d’infedeltà.
Nel quadro che lo ritrae circa 6 anni dopo, realizzato dallo stesso Van Eyck, la sua mano sinistra è ben coperta dal braccio destro, come a nascondere una lesione. Forse una scottatura?

LAURA-MALINVERNILaura Malinverni
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È autrice del saggio “La cucina medievale: umori, spezie e miscugli” (Italia Medievale, 2016) che si può acquistare online cliccando qui !
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