Teofilatti. I padroni di Roma

La torre del Castello Teofilatto, conosciuto comunemente come Castello di Torre Cajetani

Teofilatti. I padroni di Roma – prima parte di Lorenzo Benedetti

Theos phylakteos, “osservato da Dio”: un nome latinizzato in Teofilatto che ben calzò il primo importante esponente di una grande famiglia laziale, destinata ad esercitare il proprio potente influsso sul papato per tutto il X secolo. Sin dalla deposizione dell’imperatore Carlo il Grosso nell’887, Roma era ripiombata nel caos ed era in balia delle lotte interne all’aristocrazia per il controllo della città e la conseguente acquisizione di un ampio potere legato al possesso del Soglio petrino. Tra queste emerse, introno all’anno 900, la gens del senatore Teofilatto, il quale fondò una dinastia destinata a mantenere il controllo delle cariche laiche e amministrative cittadine e dell’elezione dei papi per secoli.

Teofilatto, comandante della milizia romana e patrizio legato alla corte papale, aveva sposato la nobildonna Teodora, che gli aveva dato due figlie attorno alle quali avrebbe costruito la fortuna della propria famiglia: Teodora, omonima della madre andata in sposa al console Graziano, e Maria, popolarmente detta Marozia. “Bella come una dea e focosa come una cagna”: così ce la descrive lo storico contemporaneo Liutprando da Cremona, mettendo in luce le due caratteristiche che la portarono letteralmente a governare Roma in pieno Medioevo. Sensuale, astuta, spregiudicata, fu inizialmente uno strumento nelle mani del padre che, a quanto testimonia il maligno Liutprando, la fece entrare nelle grazie e nelle stanze di papa Sergio III (904-911) – quando il celibato ecclesiastico ancora non era legge – e successivamente la diede in moglie al duca di Spoleto Alberico I. Grazie alle sue doti, Marozia prese ben presto la propria vita nelle sue mani: morto il padre, divenne la vera guida della famiglia e nel 931 fece eleggere papa suo figlio, che numerose fonti vogliono frutto della relazione con il dissoluto Sergio III, il primo dei molti pontefici legati alla dinastia.pope_sergius_iii

Ciò significava il sigillo a un potere enorme: controllare il seggio apostolico voleva dire governare concretamente un dominio temporale corrispondente a tutto il Lazio e, potenzialmente, possedere l’autorità per dettar legge a principi e regnanti in tutta Europa. L’intronizzazione di Giovanni XI (931-936) dimostra il potere assoluto raggiunto in pochi anni dalla famiglia grazie ad oculate alleanze ed ingenti ricchezze: giovane, inesperto, succube della madre, le fonti lo dipingono come un fantoccio nelle mani dei parenti, che concesse a Marozia un terzo matrimonio col re d’Italia Ugo e vide l’ascesa del fratello Alberico II, il quale nel 932 cacciò Ugo da Roma e ne divenne il signore. Questo non cambiò la vita del ragazzo, pedina all’ombra del fratellastro, che gettò però inconsapevolmente il seme della renovatio ecclesiastica ponendo sotto il diretto controllo della Santa Sede il monastero di Cluny e concedendo il potere all’abate di fondare abbazie figlie.

Nel 954, prima di morire, Alberico II volle unificare il potere civile e religioso nelle mani del figlio Ottaviano, per rafforzarne il dominio su Roma, e nel 955 fu consacrato papa come Giovanni XII, il secondo della storia a cambiare nome dopo l’elezione. “In sintesi, fu scelleratissimo, in quanto fu il peggiore (in confronto ai predecessori), e trascorse tutta la sua vita nell’adulterio e nella vanità”: abituato a vivere come un principe, tra lussi e scandali, si alleò con Ottone I, re dei Franchi orientali (l’attuale Germania) per dar sfogo alle proprie mire di conquista in Italia. Questi colse al volo l’occasione e, nel 962, pretese in cambio la corona imperiale che era stata di Carlo Magno, dando vita ad un’entità statale che durerà fino al 1806: il Sacro romano impero germanico. Ma Giovanni aveva fatto male i propri conti: Ottone, personalità forte ed intransigente, gli impose la firma del Privilegium Othonis, un documento secondo cui l’elezione papale doveva avere il consenso imperiale, subordinando il ruolo del vescovo di Roma al beneplacito tedesco, ma dimostrando il valore universalistico che stava assumendo il successore di Pietro.

Giovanni, accortosi delle intenzioni di Ottone, tradì sin da subito il nuovo alleato e questi lo fece deporre: fuggito in Corsica, il papa poté rientrare nell’Urbe solo nel 964. Ma ancora una volta aveva fatto i conti senza l’oste: le disavventure che lo aveva colpito non lo avevano cambiato, e la leggenda narra che, sorpreso in flagrante adulterio con la moglie del proprietario della locanda dove alloggiava, questi lo gettasse dalla finestra.

Mieszko I
Mieszko I

L’evolversi degli eventi permise alla famiglia dei Crescenzi, che da tempo bramava di sostituire i Teofilatti nel governo di Roma, di costruire il proprio dominio sulla città: Giovanni Crescenzi aveva sposato la figlia di Graziano e Teodora, e restaurò la diarchia dei suoi predecessori, facendo eleggere il proprio figlio alla cattedra di Pietro, Giovanni XIII (965-972), già vescovo di Narni, con l’appoggio di Ottone I, al quale gli avversari avevano voltato le spalle.

Anche il neoeletto discendeva dunque da Teofilatto: egli favorì la politica dell’imperatore e ne guadagnò l’esarcato di Ravenna ed un pontificato relativamente stabile; durante il suo regno, nel 966 il duca dei Polacchi Mieszko I si convertì con il suo popolo al cattolicesimo.

Ma nella Città eterna gli equilibri di potere stavano cambiando ancora: la sorella del papa aveva sposato Gregorio I conte di Tuscolo, nipote di Giovanni XII e rappresentante della famiglia nell’Urbe, che grazie alle sue qualità militari scalò nuovamente la gerarchia del potere, pronto a subentrare nell’anno 1000 al tramonto dei Crescenzi, ponendo fine al saeculum obscurum che Roma ed il papato avevano vissuto.

fototesseraLorenzo Benedetti
Classe 1996, vive a Borgo Val di Taro in provincia di Parma, diocesi di Piacenza-Bobbio. Terminati gli studi di liceo linguistico, frequenta il corso di Lettere all’Università degli Studi di Pisa. Studioso di Storia medievale, si dedica in particolare a genealogia e storia della Chiesa con focalizzazione sulla Storia dei Papi. Da tempo collabora con diversi quotidiani e periodici quali Voce del Taro, la Gazzetta di Parma, Corrisponenza Romana ed il mensile Radici Cristiane.
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