Teoria e pratica nell’Osservanza francescana di Riccardo Renzi
L’Osservanza francescana, nacque principalmente come complessa e articolata reazione pauperistica alle ormai corrotte e decadenti istituzioni francescane di fine Trecento, che poco rispecchiavano la Regola e il Testamento lasciati dal Santo. Il fenomeno dell’Osservanza va dunque concepito come una forte volontà di ritorno alle origini della vita francescana, con un assoluto rifiuto della vita conventuale[1]. Il rifiuto riguardò pure la vita in comunità cittadine e il disprezzo verso i frati che avevano accolto i privilegi papali. Si vuole un ritorno alla povertà originaria tanto predicata da S. Francesco[2] e a quella vita itinerante che li portava a predicare da una città all’altra. Il primo tentativo di restaurare quella vita eremitica, immersa nella povertà e a contatto con la natura, fu perpetuato nel 1334 da Giovanni della Valle, seguace di Angelo Clareno e Gentile da Spoleto, che con il permesso del ministro generale dell’ordine Geraldo Ot, si stabilì assieme a quattro compagni nel romitorio di San Bartolomeo a Brogliano, vicino Camerino. Papa Clemente VI, con la bolla Bonorum operum del 13 dicembre 1350, approvò la forma di vita della comunità di Brogliano, ma tale approvazione durò ben poco, poiché per paura di eventuali frammentazioni all’interno dell’Ordine, su consiglio dal legato Egidio Albornoz[3], con la bolla Sedes apostolica, del 18 agosto 1355, papa Innocenzo VI revocò le concessioni. Agli inizi del 1368 il frate Paoluccio Trinci[4] ottenne dal ministro generale Tommaso da Frignano[5] il permesso di riaprire l’eremo di Brogliano e di osservare la regola in tutto il suo rigore: «poiché il terreno del posto era arido e roccioso, impervio e infestato da serpenti, i membri della comunità presero a indossare ai piedi zoccoli di legno, per cui i frati iniziarono ad essere indicati con il nome di “zoccolanti”»[6]. La sottomissione di Paoluccio alle autorità religiose e la protezione dei suoi famigliari, i signori di Foligno, resero Brogliano un fervente centro riformista, tanto che il 29 luglio 1373 papa Gregorio XI concesse ai suoi frati altri nove conventi in Umbria (4) e in Sabina (5), inoltre il ministro provinciale umbro nominò Paoluccio commissario per le comunità da lui riformate e il 12 febbraio 1384 gli concesse la facoltà di accettare novizi[7]. La riforma di Brogliano approdò alla definitiva stabilità giuridica il 13 luglio 1388, quando il titolo di commissario per Paoluccio venne approvato anche dal ministro generale Enrico Alfieri[8]. Il movimento dell’Osservanza attecchì rapidamente nelle Marche e nell’Umbria. Nell’Osservanza germinò ben presto, con l’ingesso nell’ordine di uomini come Bernardino da Siena[9], Giovanni da Capestrano[10], Giacomo della Marca[11] e altri, l’elemento a reale fondamento dell’ideale francescano: lo slancio apostolico. Nella predicazione francescana comparvero immediatamente gli aspetti catechetici e morali, ma non risulta ancora chiaro quando su tali aspetti prevalsero quelli della morale sociale. Naturalmente il germe della morale sociale risedeva nell’Osservanza[12] fin dai suoi albori, che fin da subito si contrappone con una fervida lotta oratoria ai vizi e all’ignoranza religiosa del popolo. Già questo è un rilievo di massima importanza: cioè la sensibilità sociale popolare dei Francescani dell’Osservanza, una cui radice è facilmente individuabile nel loro essere minores, popolari e umili per eccellenza, vicini ai poveri e agli ultimi per scelta[13]. Tale sensibilità istintiva si muta in presa di coscienza così che i Francescani divengono quasi gli interpreti e i mediatori delle esigenze della collettività, in particolare di quella umile, fino ad ora lasciata a tacere in disparte e mai ascoltata da nessuno. Dallo stato della presa di coscienza si passa all’azione con il capeggiare un movimento di riforma sociale, unito strettamente alla riforma religiosa e morale degli altri settori[14]. Solo partendo da tale concezione è possibile realmente comprendere il perché e in che maniera i francescani spinsero molte città a fondare un loro Monte di Pietà.
I Francescani passarono dalla predicazione alla pratica quando si resero conto che una delle principali cause di povertà erano i tassi di interesse nei prestiti. Uno dei motivi che infatti li spinse a fondare i Monti di Pietà fu quello di frenare, o almeno cercare di rallentare l’attività chirografaria degli ebrei, che stava “appestando” le maggiori città della Penisola[15], riducendo molta gente in uno stato di miseria assoluta[16]. È qui allora che si apre quella pagina della storia della Chiesa e dell’Ordine Francescano, che vede questi ultimi contrapporsi duramente all’usura ebraica nelle varie città italiane. La documentazione sulla questione risulta essere avara per quasi tutto il Quattrocento, ma con lo scavallare del secolo si fa improvvisamente abbondante e attenta alle minuzie. L’invenzione dei Monti di Pietà fu tutta Francescana com’è ben esplicitato da Bernardinus de Bustis nel suo Defensorium: «inventato e raccomandato dai francescani»[17]. Con tutta probabilità i portatori di tale idea così rivoluzionaria furono i grandi nomi dell’Osservanza socialmente impegnata, quali Giacomo della Marca, Michele da Milano, Marco da Montegallo, Barnaba da Terni e Fortunato da Perugia. Dall’idea astratta alla concreta fondazione dell’istituto, il passaggio fondamentale si ebbe attraverso un’azione collegiale e corale che portò alla fondazione del Monte di Pietà di Perugia[18]. Sono proprio questi predicatori, la parte attiva dell’Osservanza, che passando nelle varie città della Penisola, spingono i loro governatori a fondare tale istituzione. Questo lo si evince chiaramente da una lettura attenta delle fonti storiche, quasi sempre, qualche mese dopo il passaggio del predicatore, nella città andrà a sorgere il Monte di Pietà. Questo è un dato ricorrente e di un’evidenza folgorante. L’Holzapfel elenca un’ottantina di nomi[19], oggi se ne conoscono quasi il doppio. L’importante non è conoscere i nomi dei predicatori più importanti, ma sapere che intorno a questi ne ruotavano centinaia di minori. Tale esercito, sembra questa l’immagine più appropriata da dare a tale orda di predicatori, dal punto di vista storico cronologico, ci si presenta distribuito in una triplice ondata d’assalto: un primo periodo che va dalle origini sino all’inizio dell’opera montuaria di Bernardino da Feltre, il periodo successivo a questo sino al 1515 e quello sino alla metà del Cinquecento[20].
[1] Di tale trasformazione ci resta una simpatica testimonianza di Bernardino Amici dell’Aquila, che in Chronica Fratrum Minorum Observanite fa ironia su questo cambio di indirizzo dei francescani. Tale opera frammentaria è stata pubblicata da Leonard Lemmens in Fragmenta franciscana, v. II, Romae, 1902, si veda cap. VI, pp. 16-24.
[2] Ricordiamo come Francesco e Povertà nella simbologia Medioevale fossero sempre accostati, a tal proposito si veda il canto XI del Paradiso (Divina Commedia), vv. 73-75: «Ma perch’io non proceda troppo chiuso, / Francesco e Povertà per questi amanti / Prendi oramai nel mio parlar diffuso»
[3] M. MICHAEL, Signori e mercenari – La guerra nell’Italia del Rinascimento, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 51, su Albornoz si veda anche F. PIRANI, Con il senno e con la spada. Il cardinale Albornoz e l’Italia del Trecento, Salerno, Roma, 2019.
[4] Si veda beato Paoluccio Trinci da Foligno in Santi, beati e testimoni, < http://www.santiebeati.it/dettaglio/90820 >, (26/01/2023).
[5] H. ANGIOLINI, FRIGNANI, Tommaso, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 50, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1998.
[6] M. SENSI, Brogliano e l’opera di fra Paoluccio Trinci, in Picenum seraphicum, n. 12(1975), pp. 7-62 (cit. p. 13).
[7] Ivi, pp. 17.18.
[8] K. ELM, L’osservanza francescana come riforma culturale, in Le Venezie Francescane: Rivista semestrale di Storia, Arte e Cultura, N.S. anno 6. (1989), n. 1, pp. 15-30.
[9] Si consiglia la lettura di: P. Bargellini, S. Bernardino da Siena, Padova 1988.
[10] Cf. G. Sartorelli, San Giovanni da Capestrano atleta di Cristo, L’Aquila 1986.
[11] Cf. G. Fiori, San Giacomo della Marca, Roma 1964.
[12] Tale germe si sviluppo prima nella scuola teologica francescana del XIII e XIV secolo e poi permeò anche il movimento dell’Osservanza.
[13] Cf. G. Garrani, Il carattere bancario e l’evoluzione strutturale dei primigenii Monti di pietà: riflessi della tecnica bancaria antica su quella moderna, Milano 1957, 27-34.
[14] Cf. A. Ghinato, Vita religiosa nel Quattrocento italiano: apostolato religioso e sociale di S. Giacomo della Marca in Terni, Roma 1956, 62-63.
[15] Cf. D. D’ingecco, Monti di pietà e monti frumentari tra Umbria e Marche, Foligno 2006, 105-109.
[16] Cf. R. Scuro, Il credito gestito dai non-cittadini: i banchieri ebrei a Vicenza e Bassano nel Quattrocento, in Identità cittadina e comportamenti socio-economici tra Medioevo ed età moderna, Bologna 2007, 54-72.
[17] G. Caselli, Studi su S. Giacomo della Marca: pubblicati in occasione del 2. centenario della sua canonizzazione, Offida 1926, 133.
[18] Cf. ivi, 110.
[19] Cf. H. Holzapfel, Le origini dei Monti di Pietà (1462-1515), La Verna II (1904-1905) 25-33.
[20] Cf. ivi, 25.
Riccardo RENZI (1994). Dopo la laurea triennale in Lettere classiche presso l’Università degli studi di Urbino, discutendo una tesi recante titolo “La nobiltà in Francia nei primi due secoli dell’età moderna” (febbraio 2017), ha conseguito la Laurea magistrale in Scienze Storiche presso l’Università di Macerata discutendo una tesi dal titolo “Latin historian’s manuscripts and incunabola preserved at Fermo Public Library Romolo Spezioli” (ottobre 2020). Ha inoltre conseguito una Summer school in metrica e ritmica greca presso la Scuola di metrica dell’Università di Urbino (2016), il percorso psico-pedagogico per l’insegnamento (24 CFU) presso l’Università di Macerata (2019) e i diplomi in LIM e Tablet. Nell’ottobre 2022 consegue il Master di primo livello in “Operatore delle biblioteche”. Ha insegnato materie letterarie presso l’Istituto di Formazione Professionale Artigianelli di Fermo dall’ottobre 2021 al marzo 2023, attualmente, dopo la vittoria del concorso pubblico di categoria D1 presso il IV settore del Comune di Fermo, lavora come Istruttore Direttivo presso la Biblioteca civica Romolo Spezioli di Fermo. È membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Scholia e Il Polo, è inoltre vicedirettore della rivista Scholia (Didattica) e membro del comitato scientifico del Centro Studi Sallustiani. È inoltre socio dell’Aib, della Società Dantesca Fermana, dell’Unipop di Fermo e dell’Associazione teste di Rapa di Rapagnano. Per contattare l’autore clicca qui !