
Un diacono in carcere nella Venezia del Quattrocento di Martino Marangon
In memoria di: Mario Marangon (1905-1985); Ida Bison Marangon ((1910-1978); Giuseppe Marangon (1937-2015)
Un passaggio di gente intorno alla chiesa di San Samuele come quello che si verifica in occasione delle mostre a Palazzo Grassi sarebbe stato impensabile nel Quattrocento, essendo allora la zona considerata pericolosa per una notevole presenza di delinquenti.
Potrebbe forse stimolare la fantasia di chi scrive romanzi storici il caso dell’ex diacono Alvise di Domenico, sul quale non ci sono notizie esplicite in Flaminio Corner, ristampa anastatica con introduzione di Ugo Stefanutti, Sala Bolognese, Forni, 1990, p. 109-110 né in [Simone Antonio] Rota, fondazione della Chiesa Parrocchiale (i) e Collegiata di Santi Matteo e Samuele, Venezia, Biblioteca del Seminario Patriarcale, ms. 398, e neppure nel più recente Nina Gockerell, Kirchen mit aittestamentarischen Patrozinien in Venedig. Materialen zu Geschichte und ikonographie del Kirchen. S. Giobbe, S. Geremis, S. Moise, S. Samuele, S. Simeone und S. Laccaria, Venezia, Centro Tedesco di Studi Veneziani, 1976, p. 39-45.
Sappiamo solo dalla sua sottoscrizione autografa che nel 1459 mentre copia gli statuti di Venezia del doge Jacopo Tiepolo tradotti in italiano (Venezia, Biblioteca del Museo Correr, ms. Cicogna 2052) è priginiero “nella Cisterna” che Emanuele Antonio Cicogna proprietario del codice annota essere una prigione: si tratta di quei pozzi sotterranei a Palazzo Ducale, dove erano puniti i reati più gravi, ben illustrati in Umberto Franzoi, Le prigioni di Palazzo Ducale a Venezia, Milano, Electa, 1997. Nulla si sa di preciso della sua stessa identità per una lacuna nella serie dei benefici all’Archivio della Curia Patriarcale del 1429 al 1529 nel volume manoscrtto senza segnatura Gianbattista Scomparin, Notizie istoriche circa le antiche e moderne eleioni de’ benefici soggetti alla giurisdizione patriarcale di Venezia estratte da fonti autentici (!) della Curia Castellena, 1767, c. 93v, per quanto lo stesso Scomparin integri in parte tale lacuna riportando “molti frammenti sparsi nei libri Actarum Causarum, Instrumentorum e Divesorum”.
Si sa dunque soltanto che riceve il beneficio non prima del 1429 e ne è destituito non dopo il 1459: per il resto ci si può chiedere se abbia copiato un testo di legge per imparare a non violarla, in una sorta di contrappeso dantesco: in fondo, la cistera poteva suggerire appunto l’idea di un inferno in terra.