Un non ben conosciuto contratto agrario

San Benedetto con il falcastrum (XI sec,)
San Benedetto con il falcastrum (XI sec,)

di Michele Colabella.

Era peculiare ed esclusiva dei primi tempi del Medioevo ed era localizzata in una sola determinata zona, una singolare forma di occupazione e sfruttamento del suolo, denominata aprisio, apricio o aprision, la quale si può associare al termine ruptura, che indica una terra “rotta”, vale a dire aperta e dissodata (1). Il regime dell’aprisio era diffuso dalla fine dell’VIII sec. agli inizi del X nella Septimaine, regione compresa tra la Garonne, i Pirenei, le Cévennes meridionali e il Rodano (2). Gli aprisionnaires erano degli emigrati spagnoli d’origine gotica, i quali, provati dai duri effetti dell’occupazione musulmana, cominciarono a ripiegare verso il nord est e furono accolti e raccolti nella Septimaine dai sovrani carolingi, che assegnarono loro delle porzioni abbandonate del fisco, delle quali dovevano assicurare, durante un periodo determinato, il dissodamento e la messa in coltura (3). La parola aprisio compare per la prima volta nel 795, in un diploma di Carlo Magno a favore di un certo Giovanni, che aveva lottato contro i saraceni nel pago di Barcellona e li aveva battuti nel luogo denominato ad Ponte, sottraendo loro uno splendido cavallo, un usbergo e una bella spada indiana filettata d’argento. Questo ricco bottino fu offerto a Ludovico re d’Aquitania, a cui fu richiesta in concessione la villa Fontejoncosa (oggi, Fontjoncouse), situata nei pressi dei Corbières, a circa 20 km a sud ovest di Narbonne, per assicurarne lo sfruttamento. Munito della lettera reale che ratificava la donazione, su invito del re, Giovanni si recò presso Carlo Magno, raccomandandosi a lui e chiedendogli di approvare la decisione di suo figlio. L’imperatore sancì la concessione della villa di Fontjoncouse,  precisando che la concessione era stata fatta a Giovanni e ai suoi discendenti, senza l’obbligo di alcun censo, ma con il patto che sarebbero stati sempre fedeli al sovrano. Nell’occasione furono fissate le modalità dell’accoglienza e dell’insediamento degli Hispani (4). Altre successive disposizioni furono poi emesse dalle due costituzioni di Ludovico il Pio dell’815 e dell’816 e dagli atti di Carlo II il Calvo (5). Riassuntivo e significativo è un documento dell’851, nel quale si legge: Constat me uindere uobis… uineas meas quem abui de aprisione uel robtura de patre meo in terra regis (6) Gli echi dell’aprisio si sentirono anche nel 949, allorché il vescovo Wisad II d’Urgel consacrò la chiesa di Sant Cristòfol, nelle adiacenze del castello di Salinuas (oggi, Salinoves), distrutta dalle infestazioni degli “infedeli” e ricostruita dagli abati Agulfí e Melandre d’Elins, i quali la dotarono di vari beni, alcuni avuti per compera e altri de aprisione (7). L’ultima documentazione nota dell’aprisio risale a una donazione fatta al monastero di Sant Cugat nel 1109: tota illa pars predicte aprisionis sit proprium et franchum alodium in perpetuo s. Cucufatis (8).

1) Glossarium mediae latinitas Cataloniae ab anno DCC usque ad annum MC, Barcelona, 1960-1985, vol I (A-D), pp. 118-120.
2) Septimaine, denominazione data agli inizi del medioevo, sembra che abbia origine dalla 7ª legione romana (Septimani), acquartierata a Baeterrae (oggi, Béziers). Corrisponde alla Gallia Narbonese. La grande Enciclopedie, Paris, Larousse, s. d., tomo XXIX, p. 1029.
3) A. Dupont, Considérations sur la colonisation et la vie rurale dans le Roussillon et la Marche d’Espagne au IXe siècle, “Annales du Midi”, LXVII (1955), pp. 223-245. L’aprision et le régime aprisionnaire dans le Midi de la France (fin du VIIIe-debut du X siècle), “Le Moyen Age”, LXXI (1965), pp. 179-213, 375-399.
4) Catalunya carolingia II: Els diplomes carolingis a Catalunya, Barcelona, 1952, vol. II, p. 311.
5) MGH, Leges, Hannover, 1883, sezione II, tomo I, pp. 261-264.  Recueil des actes de Charles II le Chauve roi de France (par Arthur Giry – Maurice Prou – Georges Tessier), Paris, Imprimiere Nationale, 1943-1955, tomo I, pp. 108-111 (844), 127-132 (844), passim.
6) Catalunya carolíngia III: Els comtats de Pallars i Ripagorçia, Barcelona, 1955, p. 307.
7) M. Riu i Riu, El monestir de Sant Cristòfol de Salinoves, “Analecta Montserratensia”, X (1964), p. 187.
8) Cartulario de “Sant Cugat” del Vallés (por José Ruis), Barcelona, Robert López, 1945-1947, vol. III, p. 8

Michele Colabella

Michele Colabella È nato a Bonefro (Campobasso) nel 1941, vive dal 1962 a Milano, dove si è laureato in pedagogia, con indirizzo filosofico, specializzandosi poi in critica e tecnica del teatro, alla Scuola Superiore delle Comunicazioni Sociali. Nella stessa citt ha frequentato la scuola di archivistica, paleografia e diplomatica, presso l’Archivio di Stato, e l’Istituto di Cultura del Vino, per conseguire il diploma di wine master. È socio dell’Associazione Culturale Italia Medievale. Dopo aver insegnato negli Istituti magistrali, ha condotto recentemente un corso di vitivinicoltura medievale, all’Università delle Tre Età e della Terza Età. Ha tenuto la relazione I vini ”speciali” dall’alto Medioevo al Rinascimento: Girolamo Conforti e il ”vino mordace”, nella giornata di studi Francesco Scacchi: lo spumante a Fabriano nel XVII secolo (5 giugno 2004). Ha dedicato otto volumi a Bonefro, spaziando dalla storia alla toponomastica, dagli usi e costumi tradizionali al dizionario della lingua locale. È stato promotore del Museo etnografico. Dopo l’esperienza di alcuni atti unici di avanguardia premiati e rappresentati a Milano e in provincia di Como, dal 1975, nel periodo estivo, nel paese natale scrive e mette in scena all’aperto commedie con tematiche popolari; tra l’altro, ha tradotto in bonefrano Le Nuvole di Aristofane. Ha scritto quattro monografie di controstoria italiana, per conto della casa editrice Morano, e ha eseguito, a cura dell’Istituto Regionale di Studi Storici del Molise ”Vincenzo Cuoco”, una ricerca sulla figura di mons. Giovan Andrea Tria, un vescovo del ‘700, storico, erudito e controversista. Nelle edizioni Iannone ha pubblicato nel 1999 Bonefro, gente foretana, con cui ha vinto il Premio Internazionale ”PIEDICASTELLO (Il Molise nel mondo, il mondo nel Molise)”, nella sezione biografie e storie dell’emigrazione edite. Collabora o ha collaborato, oltre che all’Almanacco del Molise, alle riviste Spettacoli d’oggi, Storia e Medicina Popolare, Utriculus, l’Arcolaio, PerBacco. Notiziario di Etnostoria Garganica e La Perla del Molise.
Per contattare l’autore: allebaloc@libero.it.

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