
Una ipotesi in merito alla Pala di Valleremita di Gentile da Fabriano di Giovanni B. Ciappelloni
Il pittore Gentile di Niccolò di Giovanni di Massio, più noto come “Gentile da Fabriano”, apparteneva ad una famiglia di imprenditori, quartiere S. Biagio, aderenti all’Arte dei “Guarnellari” i quali commerciavano in “guarnello” un tessuto di lino e cotone che veniva adoperato per abiti modesti ed usato spesso come fodera. Questa famiglia dalla grande religiosità era particolarmente vicina al Monastero olivetano di S. Caterina d’Alessandria in Castelvecchio e Gentile entrò anche per questo nelle grazie di Chiavello de Clavellis, che gli fu molto vicino durante il suo percorso artistico, protettore degli Olivetani e religiosissimo anche lui. Chiavello figlio di Guido Napolitano e di Margherita, progenie del conte Galasso da Montefeltro e di Allegrezza dei da Monteverde di Fermo, alla morte del padre, essendo deceduto il primogenito Nolfo, divenne Signore di Fabriano. Era soprattutto un imprenditore che spesso risultava impegnato in condotte militari al soldo dei Visconti oppure dei Malatesta con i quali era anche in società con il commercio del sale nell’entroterra della Marca Anconetana. I de Clavellis manifestarono durante il loro primo apparire una evidente devozione verso San Michele Arcangelo e più tardi verso San Domenico. A queste due figure venerate in famiglia Chiavello aggiunse San Francesco del quale era particolarmente devoto avendone anche munificentemente favorito l’ordine con l’acquisto dell’antico monastero di Valdisasso presso Valleremita dando la possibilità ai frati minori, che lo avevano ricevuto in dono, di vivere serenamente sotto la sua protezione. Si univa anche ai religiosi partecipando alla vita monastica quando era libero da impegni politici e militari. Nel manoscritto intitolato “Cronaca di Fabriano” presente nell’ Archivio Ramelli a proposito di Chiavello e di Valdisasso si legge:
…”restaurò e migliorò questo convento e l’accomodò di tutte le cose necessarie e persino che egli visse provedè alli frati osservanti il necessario vitto e vestito e spesso andava con essi a reficiarsi in refettorio e a recitarne l’officio con loro levandosi sino a mezzanotte a cantare le divine laudi in loro compagnia consolandosi tutto in dimorare con tanto divoti et osservanti p.p. in particolare col B. fra Cecco”…
Chiavello richiese al Gentile, intorno al 1400, un dipinto da collocare nella cappella interna del monastero di Valdisasso luogo dove aveva stabilito di porre la propria sepoltura e quella di sua moglie, Lagia degli Ubaldini. Questo dipinto “Il Polittico di Valleremita”, del quale a Fabriano esiste solo una copia collocata nell’Eremo di Valdisasso si trova oggi presso la Pinacoteca di Brera a Milano. Riguardo a questo dipinto è possibile domandarsi se qui il Gentile abbia voluto omaggiare il Magnifico Signore di Fabriano attribuendo in questa Pala d’altare le sembianze di Chiavello al San Francesco ai piedi del mistico sposalizio della Vergine e quelle di Lagia alla figura della Maddalena. Chiavello che manifestava una grande affezione per l’Eremo di Valdisasso, a volte era presente anche alla refezione dei frati, partecipava alle cerimonie religiose ed una sua effige con la tonaca marrone indosso non sarebbe stata fuori luogo in quel monastero ed in quel dipinto da lui voluto. Anche la figura della Maddalena effigiata in una maniera elegante con una inconsueta ricercatezza di morbide vesti, non il solito rosso di consuetudine, finemente ricamate con i capelli leggermente sciolti impreziositi da un filo, quasi un diadema, di perle e pietre preziose posto sul capo ostenta un aspetto devoto ma non implorante, molto distante dalle figure in vesti comuni di un ordinario colore rosso dipinte da Giotto in Assisi oppure dal trecentesco Maestro di Santa Maria Nuova in Fabriano, oggi Sant’Agostino. E viene da pensare che questa figura femminile, soprattutto per l’aspetto elegante e matronale che viene messo in mostra, possa essere stata dedicata alla consorte del Magnifico Signore di Fabriano più che ispirata alla Maddalena dei Vangeli. Inoltre accomunare la santa protettrice degli Angiò alla consorte di un de Clavellis de Fabriano, personaggi appartenenti all’entourage della Corte angioina, si poteva configurare come una rappresentazione lecita e gradita. L’aspetto particolare di questi due personaggi raffigurati nella Pala d’altare potrebbe far supporre che Gentile abbia voluto inserire nel dipinto alcuni componenti della famiglia del suo protettore anche in considerazione del San Francesco che riceve le stimmate, presente nella stessa opera in un pannello in alto sotto le cuspidi, il viso del quale risulta alquanto differente e del tutto aderente alla tradizione iconografica. Inoltre il viso del San Francesco in basso per il particolare piccolo pizzo che sfoggia richiama quello raffigurato in un affresco, opera forse del pittore Domiziano Domiziani nel chiostro dello stesso monastero, di circa un secolo posteriore che mostra Chiavello mentre dona l’eremo ai frati minori. E’ certo che Gentile da Fabriano a volte raffigurasse nei suoi quadri committenti e familiari di costoro o perché richiesto oppure come forma di ossequio. Nella Madonna con San Nicola e Santa Caterina dell’artista fabrianese, oggi nella Gemäldegalerie di Berlino, si rinviene in primo piano il committente/ispiratore dell’opera, probabilmente il padre Niccolò che si consacra alla vita religiosa dopo la morte della moglie Talia. Mentre nella Adorazione dei Magi oltre al ritratto di Palla Strozzi, il committente, troviamo anche il figlio di costui, Lorenzo. Nella “anconetta” di Pavia, una delle prime opere dell’artista, che per le dimensioni forse dovette essere stata dipinta per la devozione privata, si osserva un san Francesco dal viso tondeggiante senza barba (e senza stimmate visibili) quando l’iconografia del tempo lo rappresenta sempre con un pizzetto, una leggera barba ed il viso allungato dando l’impressione di essere stato raffigurato con lineamenti richiamanti quelli del committente. Anche nella Madonna di Perugia, dipinta per la chiesa di San Domenico di Perugia e conservata presso la Galleria Nazionale dell’Umbria, la Vergine tiene sulle ginocchia un bambino con un improbabile viso di uomo maturo che fa pensare più che al Nostro Signore in fasce al Bartolomeo degli Acerbi, priore del Convento di San Domenico, o al “cambiatore” di monete Matteo di Pietro Graziani entrambi considerati dei possibili committenti.
Ne deriva la presente ipotesi sui personaggi raffigurati nella Pala di Valleremita, avanzata per la particolarità delle figure presenti nel capolavoro gentilesco, che oltre a confermare una nota consuetudine potrebbe restituirci i tratti somatici di uno degli ultimi Signori di Fabriano oltre a far intuire quale fosse l’aspetto maschile clavellesco in quanto ad oggi non è stata rinvenuta alcuna immagine coeva di costoro.

Giovanni B. Ciappelloni da sempre interessato alla storia di Fabriano, con particolare attenzione al basso medioevo, ha già pubblicato “Chiavelli e de Clavellis”, “Ruggero, Chiavello ed altri Messeri” e “de Clavellis de Fabriano, dal XII al XV secolo”. Non è presente sui social network.