Varzi e la Valle Staffora: storia di un territorio dell’Oltrepò Pavese

di Carlo Marenzi.

Nella valle Staffora, terra di castelli e di battaglie, la storia ha prediletto nel passato gli ininterrotti profili di montagne lungo i quali era agevole il passo, lontano dalle pianure indifendibili, percorse da milizie e appetiti di supremazia.

Dai porti partivano merci preziose e semplici come il sale che, attraverso Varzi e i territori dell’Oltrepo’ Pavese montano, erano destinate ai borghi e alle città della pianura. E, assieme a queste merci, viaggiavano pensieri, idee e speranze per un rinnovamento culturale e umano.

Su questo territorio – dalle alture di Oramala – dominò per secoli la potente famiglia Malaspina, originata dagli Obertenghi.

Malaspina. Sull’origine di questo nome si sprecano teorie e leggende. La più romanzesca, illustrata in un dipinto conservato in una sala del castello Malaspina di Fosdinovo, ne fa risalire l’origine all’anno 540 d.C. quando il giovane nobile Accino Marzio vendicò la morte del padre sorprendendo il re dei Franchi Teodoberto nel sonno e trafiggendolo alla gola con una spina. Il grido disperato del re “Ah ! mala spina !” dette origine al cognome e, in seguito, al motto di famiglia “SUM MALA SPINA MALIS, SUM BONA SPINA BONIS” “Sono una spina pungente per i cattivi, e una spina che non punge per i buoni”.

I discendenti di Oberto, capostipite della casata, si sarebbero poi suddivisi in vari rami, dando origine ad alcune importanti famiglie del territorio italiano, dall’attuale Emilia-Romagna ad altri feudi sparsi nell’Appennino tosco-ligure-piemontese.

Uno dei più importanti personaggi vissuti a Oramala nel XII secolo fu Obizzo I, detto il Grande per il decisivo ruolo politico da lui svolto all’epoca: strettamente legato all’imperatore Federico Barbarossa, da lui ottenne la riconferma di tutti i territori controllati in precedenza attraverso il diploma imperiale del 1164, trovandosi così a dominare un vasto territorio sull’Appennino, un vero e proprio ponte tra la pianura e il mare, attraversato da una fitta rete di vie del sale, attentamente presidiate per riscuotere i pedaggi.

Secondo la tradizione, Obizzo, per ricambiare il favore, avrebbe aiutato il Barbarossa a sfuggire a un agguato della Lega Lombarda a Pontremoli accompagnandolo attraverso i territori malaspiniani e ospitandolo al castello di Oramala nel 1167. Fu proprio durante questo tragitto cavalcando accanto all’imperatore che egli rivelò l’attività prevalente dei Malaspina: ”Cosa volete, in siffatti paesi che nulla producono, bisogna pur vivere di rapine”.

L’epoca d’oro della corte di Oramala avvenne con i cugini Guglielmo e Corrado (quest’ultimo ricordato da Dante nel Canto XVIII del Purgatorio come “l’Antico”), che gestirono congiuntamente il potere nei decenni tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo.

Fui chiamato Currado Malaspina;
non son l’antico, ma di lui discesi;
a’ miei portai l’amor che qui raffina”.

Il sommo poeta tesse le lodi della casata e Corrado gli predisse che avrebbe avuto modo di visitarla e confermare la cortese opinione che aveva dei Marchesi. Altri Malaspina sono citati nella Divina Commedia, non solo Corrado il vecchio da cui il giovane volle distinguersi, ma anche Moroello III (Inf. XXIV, 145) e Alagia del Fiesco, sua moglie.

Va’ canzone mia,
corri ad Oramala, da Maria
lei sola sa donare ed elargire
e onorar fatti valenti
che muovon con tenzoni
di pregio i più eccellenti.

(Aimeric de Peguilhan)

Feudo da sempre della potente famiglia Malaspina, il piccolo borgo e il già imponente castello di Oramala non furono solo spettatori di fatti d’armi, che ogni tanto interrompevano il monotono fluire del tempo in queste terre, scandito dai pigri ritmi della vita agricola e contadina. Sul finire del Duecento, alle cacce che costituivano uno dei principali divertimenti dei signori del tempo, si aggiunse un passatempo più raffinato e intellettuale, quello della poesia. Così Oramala diventò luogo frequentato da noti poeti provenzali che vi eseguirono loro componimenti, accompagnati da antichi strumenti musicali, per rallegrare i signori, talora poeti essi stessi come il marchese Alberto Malaspina.

Mentre alla corte di Oramala si sviluppava la corte d’amore che vedrà transitare trovatori del calibro di Aimeric de Peguilhan, Albertet de Sisteron, Giraut de Bornelh, Rambaldo di Vaqueiras, nel borgo di Varzi si crea uno dei più singolari fenomeni politici del Medioevo: l’antico potere feudale, basato su un’organizzazione economica arretrata, imperniata sull’agricoltura e sul piccolo artigianato, cede il potere ai comuni, fondati sulla nuova economia del commercio, ma trova, nella residua potenza militare e nella posizione geografica, la maniera di sfruttare questi nuovi traffici con gabelle e dazi vari. È intorno al XII secolo che risalgono le citazioni di Varzi come luogo importante della valle.

Con la morte di Guglielmo nel 1220 inizia il declino del casato e la progressiva frammentazione dei possedimenti: la prima grande divisione, nel 1221, portò alla creazione dei due rami dello Spino Fiorito e dello Spino Secco. Il castello di Oramala cessa di essere la sede dei Marchesi che si trasferiscono in Lunigiana mentre la Val Staffora viene divisa in due feudi: quello di Godiasco tocca ai discendenti di Corrado, ad Obizzino resta quello di Varzi con sede in una casa-forte ancora oggi proprietà dei discendenti della nobile casata. Risale a questo periodo l’edificazione del nucleo abitativo situato fra le due porte Sottana e Soprana, mentre pare plausibile, alla luce di recenti ritrovamenti, considerare la zona del mercato come il vero primo insediamento di Varzi. Di certo questa è la zona di maggiore interesse architettonico, per i quattro ordini di portici che si dislocano su livelli diversi. Non è azzardato supporre che le attuali cantine, eccezionale luogo di conservazione dei salami, anticamente ospitassero botteghe di commercio e artigianato.

Chi conosce i luoghi dell’Oltrepò Pavese montano di cui parliamo, sa bene che le terre del Marchesato Malaspina sono ricche di leggende e storie inquietanti, di spiriti che ne infestano i vari manieri. Tra le leggende che tormentano questo territorio, tornano periodicamente, con prepotente insistenza, gli spettri e fantasmi del castello di Oramala: luci inspiegabilmente accese che altrettanto misteriosamente si spengono, rumore di cavalli lanciati al galoppo, strani tintinnii, sedie spostate, porte aperte misteriosamente, voci senza volto: su questi e altri strani episodi indagano da tempo diversi esperti del paranormale.

Per chi vuole invece affidarsi ai dati storici non mancano episodi pieni di fascino, di cui ancora poco si parla: la storia di questi luoghi è ricca di santi, di autocrati, di ospiti illustri ma pochi sanno che fu anche luogo di numerosi processi per stregoneria.

I documenti di prima mano circa questo argomento sono davvero pochissimi, quasi del tutto scomparsi nell’incendio dell’Archivio dei Frati Domenicani di Tortona, sede dell’Inquisizione, quando nel 1609 un fulmine fece saltare le abbondanti polveri da sparo che gli spagnoli avevano ammassato nel castello.

Ma qualcosa emerge riguardo a una figura ben precisa: il padre domenicano Paulo de Folpertis, che nel 1464 arrivò a Varzi dal piacentino e iniziò la sua opera.
Già a marzo dello stesso anno i Marchesi Malaspina di Godiasco si lamentavano dell’eccessiva durezza e rigore dell’inquisitore, chiedendo con insistenza al Duca Sforza di inviarlo a Tortona per liberarsene, dove peraltro era già stato richiesto.

Il Duca, in una lettera purtroppo perduta, deve essersi a sua volta lamentato con il Folperti poiché quest’ultimo gli rispose caldeggiando la necessità della sua iniziativa in queste “terre infette”:

[…] Varzi si trova in posizione strategicamente importante per lo svolgimento dell’attività processuale a motivo della sua posizione geografica, in posizione mediana rispetto ai luoghi in cui abitano gli eretici, con vantaggi notevoli circa l’acquisizione degli indizi e delle conseguenti accuse. In altre località infatti, anche nella stessa Tortona, non avrei persone in grado di aiutarmi per raccogliere gli indizi necessari per il giudizio. D’altra parte, da quando, da tre mesi a questa parte, ho giudicate come eretiche circa 17 persone, la mia vita corre seri pericoli e in nessun altro luogo potrei essere sicuro come in Varzi, dove godo dell’appoggio dell’intera popolazione.
Deve sapere infatti, illustrissimo Principe, che l’esercizio dell’ufficio di inquisitore richiede un grande aiuto soprattutto di persone che, prive di ogni paura, siano disponibili a denunciare e a catturare le persone eretiche. E tutto ciò è possibile in Varzi dove ho la disponibilità di 300 uomini in armi disposti a catturare gli eretici.

Segue una descrizione dei casi affrontati: terribili infanticidi, cannibalismo, pratiche diaboliche perpetrate da persone “sotto l’influenza dei demoni” e raccontati ad arte per impressionare lo Sforza.

Quanto alle motivazioni che egli adduce, viene spontaneo sospettare la veridicità delle confessioni delle atroci crudeltà di queste donne verso i loro stessi figli. Come è noto, sotto tortura si confessa qualsiasi cosa!

Dalla fonte più autorevole, la “Chronica Civitatis Placentie” di Giovanni Agazzari, giunge fino a noi un trafiletto riferito all’anno 1464:

“Eodem anno in Diocesi papiensi similiter et placentia capta fuit multitudo virorum et mulierum hereticarum et in loco Varcii combuste fuerunt mulieres XXV et aliqui viri per Sententiam Inquisitoris hereticorum.”: “Nello stesso anno nelle diocesi di Pavia e Piacenza furono catturati una moltitudine di uomini e donne eretici e nella località di Varzi vennero “combuste” 25 donne e alcuni uomini giudicati eretici da una sentenza dell’Inquisitore.”

Qui si parla di 17 morti in 3 mesi e addirittura, nell’anno 1464, di 25 donne e imprecisati uomini arsi in un rogo ai piedi della Torre Malaspina, oggi “Torre delle streghe”.

Partendo dalla seconda metà del xv secolo il marchesato di Varzi era infeudato per tre quarti a diversi membri della famiglia Malaspina e per un quarto a Bosio Sforza, fratello del duca di Milano. Malgrado la minore percentuale di possesso, gli Sforza, forti della loro autorevole parentela, comandavano il territorio a scapito dei Malaspina i quali non riuscivano ad avere la meglio.

I nuovi governanti trovarono la Valle Staffora invasa da banditi provenienti dagli stati limitrofi, da ladroni di strada, truffatori e prepotenti di qualsiasi genere i quali spadroneggiavano sul territorio e su Varzi che era il centro più abitato ed economicamente più ricco. Questi malfattori avevano l’appoggio e la copertura di diversi marchesi Malaspina di Valle Staffora, da quelli di Varzi, a quelli di Santa Margherita e persino dei Dal Verme di Pietragavina che permettevano loro di rifugiarsi nel loro territorio rendendo improbabile la loro cattura.

In seguito, i cambiamenti avvenuti durante il XVI secolo nel Ducato di Milano comportarono dei mutamenti anche in valle Stàffora. I Malaspina di Varzi e Santa Margherita vissero un periodo di incertezza perché furono sempre filo imperiali, ma il rimanere coerentemente ed apertamente favorevoli all’Impero avrebbe comportato anche per essi la confisca dei loro territori. Pertanto scelsero di riconoscere il loro nuovo governante, decisione che gli permise di mantenere i feudi.

Ma qualunque siano i fatti avvenuti nei secoli scorsi, siano suffragati da fonti storiche o legati ad antiche leggende, Varzi e la Valle Stàffora rappresentano una risorsa naturale e culturale unica, di grande potenziale, che merita di essere amata e valorizzata appieno.

Carlo Marenzi

Autore del portale Valle Stàffora.

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