di Cristina Biancamaria Sartori
Carissimi lettori, come promesso, vedremo oggi l’evoluzione della signoria scaligera che portò Dante Alighieri a rifugiarsi a Verona. Alberto della Scala associò al governo il figlio Bartolomeo che, a propria volta, coinvolse nella gestione anche i fratelli Can Francesco e Alboino. Verona, sotto la loro guida, si impose in Italia come baluardo dei ghibellini, sostegno dei diritti dell’Impero. Can Francesco, detto Cangrande, della cui tomba abbiamo già diffusamente parlato, ottenne il titolo di Vicario Imperiale da Enrico VII di Lussemburgo, sceso in Italia per rappacificare le varie città in lotta tra loro. Da questo momento l’aquila imperiale verrà sovrapposta alla scala a pioli stilizzata che è sempre stata lo stemma scaligero.
Ecco come Dante cita uno dei signori di Verona nella Commedia:
Lo primo tuo refugio e ‘l primo ostello
sarà la cortesia del gran Lombardo
che ‘n su la scala porta il santo uccello;
ch’in te avrà sí benigno riguardo
che del fare e del chieder, tra voi due,
fia primo quel che, tra li altri, è più tardo.
(“Paradiso”, XVII, v. 70)
La critica ha molto discusso per identificare il gran Lombardo: sembra che, storicamente, fosse Bartolomeo, la cui accoglienza nei confronti di Dante non fu però così calorosa come quella riserbatagli in seconda battuta dal fratello Cangrande. La grandezza di quest’ultimo illuminò tutta la casata, descritta in altro tono in Purgatorio XVIII v. 118 – 126.
Io fui l’abate a San Zeno a Verona
Sotto lo ‘mperio del buon Barbarossa,
di cui dolente ancor Milan ragiona.
E tale ha già l’un piè dentro la fossa, che tosto piangerà quel monastero
E tristo fia d’averne avuta possa;
perché suo figlio, mal del corpo intero,
e de la mente peggio, e che mal nacque,
ha posto in loco di suo pastor vero.
I versi colpiscono un anonimo ma accidioso abate di San Zeno e il “tale” è Alberto della Scala di cui abbiamo discorso prima, padre naturale anche di Giuseppe. Per quest’ultimo figlio egli volle la carriera ecclesiastica imponendolo come abate di san Zeno, nonostante per legge la nascita illegittima precludesse questa via ai figli naturali.
Ma ora torniamo all’illustre Cangrande e svisceriamo i motivi per cui divenne famoso: dopo la morte dei fratelli, rafforzò il proprio dominio contro le bellicose città confinanti conquistando Vicenza, Feltre, Belluno, Padova e Treviso sia con l’uso delle armi che con una saggia amministrazione. Vedremo nel prossimo articolo che cosa Dante scriverà per lui.

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