di Cristina Biancamaria Sartori
Carissimi lettori, come promesso, vediamo di approfondire la storia di Mastino della Scala. Egli, aiutato dal fratello Alberto, riuscì a dare a Verona un benessere diffuso e gli Statuti Albertini, norme che favorirono le libertà comunali, adeguate alle necessità dei tempi. In esse era sancita l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. A questo periodo di pace seguì però un avvenimento luttuoso: Corradino di Svevia scese in Italia per riprendere i propri diritti dalle mani di Carlo D’Angiò che, pur esercitando la propria influenza nel meridione d’Italia, era riuscito, tramite il papa, a farsi appoggiare dalle città guelfe intorno alla ghibellina Verona e cioè: Mantova, Vicenza, Padova, Ferrara e Brescia. Corradino, nonostante l’appoggio di Verona, morì a Tagliacozzo nel 1268. Mastino, successivamente, si alleò con Mantova retta dai Bonaccolsi e rafforzò il trattato commerciale con Venezia. Talune famiglie, molto influenti prima di questi avvenimenti, si sentirono defraudate del proprio potere e, in una congiura del 1277, uccisero Mastino. Poi i loro esponenti furono catturati e giustiziati a propria volta. A questo punto Alberto della Scala fu acclamato primo e reale “Signore” della città e “Rettore dei Mestieri” che si erano mano a mano sostituiti alle famiglie feudali in quanto detentori del potere economico. Sotto il governo di Alberto furono eretti alcuni dei palazzi scaligeri, il ponte “Nuovo” e l’arte della lana, lana che qui veniva prodotta e venduta, ottenne il primato. Ricordiamo a questo punto che la “Calimala”, a Firenze, che trattava il medesimo commercio, era un’arte fiorentissima e potente nel Medio Evo.
Per chiudere, vediamo quale eco lasciò nella letteratura italiana la contrapposizione tra Papato ed Impero e sbirciamo il carme “Dei Sepolcri” di Foscolo del quale citiamo qualche verso:
“e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco”.
Foscolo accoglie l’ipotesi che Dante abbia iniziato a scrivere la Commedia a Firenze, prima di essere esiliato. La qualifica di Ghibellino non si attaglia concretamente al sommo poeta, che era in realtà guelfo di parte bianca, cioè sostenitore moderato del papato. Foscolo probabilmente lo definì “ghibellino” poiché Dante aveva un’alta coscienza del ruolo dell’Impero. Così alta che, appunto, fu ospitato a Verona dagli Scaligeri.
Ma approfondiremo quest’aspetto nel prossimo articolo.

Contatta l’autrice.