di Ornella Mariani.
NORMANNI
Vikinghi.
Ovvero Nord-männer.
Ovvero Normanni.
Ovvero Popoli iperborei estratti dalle regioni dell’estremo settentrione europeo e citati già da Pitea di Marsiglia, nel III secolo a.C., e negli Ingevones di Tacito.
Forse si può identificarli con l’invasione Cimbro/teutonica liquidata da Mario ad Aquae Sextiae e ai Campi Raudii, fra il 102 ed il 101 a. C., quando le loro scorrerie scuotevano l’imperialismo romano e la precaria stabilità delle popolazioni stanziali.
Di fatto, essi esercitarono rilevante ruolo nella formazione dell’impianto politico europeo ed all’interno della storiografia artistica successivamente definita arte normanna: già verso la fine dell’VIII secolo, abbandonate le terre d’origine, Danimarca e Svezia e Norvegia ed impugnando la loro endemica miseria lenita dal solo commercio dell’ambra raccolta lungo il Baltico, consegnarono la loro sopravvivenza agli esiti di razzie condotte a bordo di improvvisate flottiglie.
Di fatto dominarono la scena dell’Alto Medio Evo, assumendo ruolo di spicco nel piano di frantumazione dell’Impero carolingio: nella fase più acuta delle guerre fra Carlo Magno ed i Sassoni, arrembate le fasce costiere, sciamarono dai fiordi scandinavi al golfo di Guascogna sfidando l’Atlantico a bordo dei loro Knarr e Drakkar : imbarcazioni da carico, a vela o a remi; lunghe circa venti metri; ospitanti fino a cento uomini ed in grado di navigare alla velocità di dieci nodi orari.
Più volte sconfitti e costretti a ripiegare entro i confini al di là del fiume Eider, dopo la morte dell’Imperatore franco, intensificarono le loro incursioni fino a mettere quattro volte al sacco Parigi e fino ad atterrire, per i loro proditori assalti ad ascia in mano, le legioni di Carlo il Grosso che, nell’885, non potendo più contrastarne l’avanzata decise di assecondarli.
Ottenuta l’antica provincia settentrionale compresa fra la foce del fiume Bresle ad Est; il canale della Manica a Nord; la baia di Mont Saint-Michel ad Ovest e la valle dell’Epte a Sud, i Nord-Männer si insediarono sul territorio integrandosi con le tradizioni belgo/celtiche e conferendo autorità al loro capo Rolf, o Rollone, infeudato del ducato di Normandia nel 911 da Carlo il Semplice.
Il primo atto della storia dell’Europa s’era, così, scritto fra le piantagioni di mais del Cotentin e la tradizione tessile di Rouen.
Tuttavia, il loro spirito avventuroso, nomade e pugnace, non fece della sola Normandia, che da essi mutuò il nome, il teatro delle loro epiche gesta: essi emigrarono a piccoli gruppi, occupando ed influenzando la cultura di Islanda, America, Russia, Inghilterra, Italia.
I) Islanda, America e Russia: Norvegesi e Svedesi
Durante i secoli X ed XI, Vikinghi di estrazione norvegese fissarono la loro residenza nelle Orcadi, nelle Ebridi, nelle Fär Öer, nelle Shtetland, a Nord e ad Occidente della Scozia, consolidando il piano di occupazione già avviato nell’874, quando avevano colonizzato l’Islanda, fondandovi repubblica aristocratica durata quattro secoli e crollata nel 1262, sotto il peso di insostenibili lotte interne.
Nell’isola di ghiaccio erano stati guidati da Eirik Raudè, o Erik il rosso: un avventuriero che, inseguito da un ordine di arresto per omicidio e successivamente bandito per un nuovo fatto di sangue commesso anche nel Paese di approdo, calcando le orme del connazionale Gunnbijörn, poi si spostò in Groenlandia.
Uno dei suoi figli, Leif il felice o Leif il navigatore, verso l’inizio dell’anno 1000, persa la rotta nel veleggiare verso la Norvegia, scoprì tre sconosciuti lembi di terra e li chiamò: Helluland, Markland e Vinland. Sembra accertato che si trattasse della coste americane comprese fra il Labrador e Cape Cod.
Sbarcatovi, egli guidò i suoi coloni fino alle ubertose terre bagnate dal fiume San Lorenzo, ben presto rinunciando alle sue velleitarie aspirazioni, stroncate da epidemie e dalla sistematica ed irriducibile guerriglia indigena.
Nel perdurare del ritorno di questi Norvegesi dall’esperienza condotta a ponente, anche gli Svedesi furono sedotti dal fascino del viaggio e guardarono alla Russia. Li guidava Hal Hardrada che, nel 1047, divenne Re di Norvegia rivaleggiando con Aroldo d’Inghilterra e Guglielmo di Normandia.
Risalito il corso del Volkhov e percorso verso Sud il Dnjepr, egli si inoltrò fino a Bisanzio concorrendo all’ espansione economica di Novgorod, sulle sponde del lago Ilmen, e di Kiev ove con i suoi uomini, nel ruolo di mercenari, erano stati chiamati ed indicati come Vareghi, o Varingi.
Una volta affermatisi per le doti di coraggio e tenacia, tre di loro: i combattivi fratelli Rurik, Sinav e Truvor, che nell’anno 862 con le loro agguerrite bande di drujine avevano atterrito la regione, presero a contendersene il possesso.
Rurik prevalse e, assunto il titolo di Gran Principe, fondò una dinastia durata a tutto il secolo XVI.
I suoi successori: Oleg (879/912) e Igor (912/964) dettero al territorio il nome di Russia, mutuandolo dal termine Rus, con il quale erano indicati dai Finni svedesi.
Sotto Svjatoslav (964/973) la sede della monarchia fu trasferita da Novgorod a Kiev e si consolidò in un unico e granitico dominio, al quale furono sottomesse genti slave e kazare.
L’espansionismo russo costituì una consistente minaccia per l’Impero bizantino e fu con Olga, vedova di Igor, e più in particolare con Vladimir il Grande, che il già fiorente modello di civiltà si avviò allo splendore raggiunto da Jaroslav (1016/1054).
Pur paragonato a Carlo Magno per saggezza, esperienza militare, talento diplomatico e mecenatismo, costui non poté impedire il declino al quale i suoi figli consegnarono lo Stato, rimuovendo dalla coscienza delle popolazioni locali ogni memoria storica delle radici e dell’influenza scandinava.
II) Inghilterra: i Danesi
Animati da spirito d’avventura e tensione alla conquista, anche i Danesi verso il IX secolo abbandonarono le terre d’origine.
Abbordate le coste inglesi e respinti dal Sovrano anglosassone Egberto (802/839), ne sfondarono le resistenze dei successori nell’866 quando, penetrati nell’isola, occuparono Northumbria, Mercia, East Englia, Wessex, fino a varcare il Tamigi e a puntare verso Sud ove la loro avanzata fu arrestata da Re Alfredo, che li costrinse alla pace cedendogli il Nord/Est e Londra.
Le lotte ripresero fra l’899 ed il 900 quando, pur condizionati da Edoardo il Vecchio e da Atelstano, gli invasori dettero l’affondo con una seconda campagna di aggressione. Verso la fine del X secolo, regnante Etelredo II, consegnato alla storia per il massacro di Danesi ordinato nella Giornata di San Brizio (1001), la vendetta fu consumata da Re Sveno.
Fatta giustizia dei suoi morti; affermato il suo potere; riconosciuto Sovrano dell’intera Inghilterra, alla sua morte lasciò due corone, quella inglese e quella danese, al figlio Knut il Grande, amatissimo dai sudditi di entrambe le regioni.
Egli fu il primo Re nazionale e, dopo aver sottomesso anche la Norvegia e la Scozia, fece del Cristianesimo la religione predominante dei Paesi Atlantici.
Malgrado la sua lungimiranza politica, alla sua morte, nel 1035, l’Impero si sfasciò: sia per la debolezza degli eredi, sia per l’insofferenza espressa nei loro confronti dalla popolazione inglese che salutò al trono Edoardo il Confessore, figlio di Etelredo II.
Costui, all’epoca della spedizione punitiva di Sveno, si era rifugiato presso il Duca di Normandia sposandone la figlia Emma e mettendo al mondo Edoardo, nelle cui vene scorreva anche sangue normanno. Fu sufficiente ragione perché i Normanni francesi accampassero ipoteche sul trono d’oltreManica.
Nell’isola i grandi terrieri, resi potenti dall’indebolimento del potere centrale e dall’assenza di eredi di Edoardo, gli opposero Aroldo, consacrandolo Sovrano sassone di tutta l’Inghilterra.
Ma insorse Guglielmo: il Duca di Normandia successivamente detto il Conquistatore.
Accompagnato dalle benedizioni e dall’investitura di Papa Alessandro II, egli sbarcò in Inghilterra alla testa di cinquantamila uomini e il quattordici ottobre del 1066 sterminò le forze anglosassoni ad Hastings, con questa grandiosa vittoria affermando definitivo il dominio normanno in Inghilterra
Il successivo venticinque dicembre, Guglielmo fu salutato Re a Westminster e, come primo atto del suo insediamento, divise il Paese in settecento Baronie e sessantamila Cavalierati ed espropriò i suoi nemici dei loro beni, tenendone gran parte per sé e distribuendone il residuo in parte uguali fra i suoi sostenitori e la popolazione locale, così fondando un esemplare ed imponente edificio feudale. Favorita la Chiesa, che rese solido sostegno alla sua politica, non riuscì, tuttavia, ad omogeneizzare Anglo/Sassoni e Franco/Normanni, divisi da differenze linguistiche, costumi e tradizioni. Infatti, pur mantenendo autorità ed autorevolezza eccezionali, il suo governo annaspò fra molte difficoltà prima di raggiungere quel principio di sostanziale unità morale necessaria al processo di formazione della Nazione inglese.
Fu del perdurare del suo lungo impegno politico, la singolare circostanza che un Duca di Normandia e, come tale, vassallo del re di Francia, fosse contemporaneamente Sovrano di un prestigioso regno, detenendo un grado ed una dignità pari a chi doveva servire come signore. Tale situazione fu l’altare sul quale l’accesa rivalità fra Francia ed Inghilterra degenerò nella annosa Guerra dei Cent’anni.
III) Italia: i Vikinghi di Normandia
Quando i Vikinghi/Normanni ne scoprirono il fascino, il Mezzogiorno italiano presentava una sua complessa diversità di etnie; di tradizioni; di culture; di assetti sociali, politici, amministrativi, abitata com’era da Arabi, Bizantini e Longobardi coesistenti con le Popolazioni locali.
In sostanza, nove Stati: Emirato Musulmano di Sicilia; Catapanato bizantino d’Italia, comprensivo di Calabria e Puglia; Principati Longobardi di Benevento, Salerno e Capua; Ducati di Gaeta, Napoli, Sorrento ed Amalfi.
Non meno eterogenea si presentava la situazione confessionile: la Sicilia, una realtà del tutto avulsa dalla vita peninsulare, opponeva nella sua parte orientale il cristianesimo bizantino all’Islam ed accoglieva massicci nuclei latino-cattolico-romani; la Calabria meridionale, al pari della Puglia, aveva come riferimento la Chiesa d’Oriente, di contro al cattolicesimo nella zona centro/settentrionale; i Longobardi e le popolazioni da essi aggiogate erano di fede cristiana.
Quanto agli apparati economici: grèvi sacche di miseria opprimevano le regioni peninsulari interne, a fronte del benessere pugliese e campano e della Sicilia, fiorente e ricca di risorse.
Piantagioni di agrumi, canna da zucchero, cotone, gelsi, palma da dattero, papiri, meloni, pistacchi, riso, ulivi, indaco, hennè; seterie ed industria della pesca e della lavorazione del corallo; sfruttamento delle sottosuolo: ferro, argento, piombo, zolfo, mercurio; allevamento di bestiame e strategica posizione geografica avevano fatto dell’isola una piattaforma culturale incomparabile, galleggiante a metà strada fra Europa ed Africa, con Palermo pari a Costantinopoli e a Baghdad in bellezza e prosperità.
Nel secondo decennio dell’XI secolo, il Sud: con le magiche terre proiettate verso levante, con i santuari e le reliquie suscitanti il furore crociato e con le vie dei traffici con l’Oriente, fu appetito per primo dai sei fratelli Drengot, in fuga da un piccolo borgo del Quarrel per un omicidio commesso dal maggiore di loro, Geselberto.
Fu il primo approccio normanno: insediatisi nella fertile area della Campania Felix, la decisero patria e cornice delle loro epiche imprese, cogliendo al volo una serie di favorevoli opportunità: la decadenza dell’Impero d’Oriente; l’appannamento della potenza araba frammentata dai Califfati; il disinteresse degli Imperatori del Sacro Romano Impero, coinvolti in problemi di ribellioni interne; l’insorgenza pugliese di attività di guerriglia antibizantina; il grande scisma apertosi fra la Chiesa orientale e quella occidentale, a tutto danno dell’eventuale alleanza romano/orientale.
Quanto bastava perché essi sovvertissero le tradizioni ed immettesero sul territorio anche nuovi modelli architettonici ed artistici.
Il Papato li trasformò da aggressori in alleati, utilizzandoli come contraltare alla potenza imperiale tedesca. Ma l’uomo che coniugò la meridionalità alla normannità, in una felice sintesi di cultura e prestigio militare, fu il carismatico Rainulfo I, ancorchè mercenario a servizio di Agiro e Melo di Bari, malgrado certa storiografia tenda a ridurne la portata dell’impegno politico e storico ad esclusivo vantaggio dei d’Hauteville, giunti in Italia una manciata di anni più tardi.
Senza dubbio, la campagna di liberazione, in specie dal controllo bizantino ed il ridimensionamento dello strapotere ecclesiale, è da ascriversi all’esclusivo ruolo dei Drengot. Pertanto, anche se la conquista dell’Italia meridionale è saldata ai d’Hauteville, il primo passo verso la caduta del sistema politico longobardo e verso il condizionamento della politica papale è da ascriversi alla dinastia insediatasi in Capua ed Aversa.
Fra il 1018 e il 1078, a margine delle conflittualità fra Guaimario IV di Salerno e Pandolfo IV di Capua, sei Principi della linea Drengot costituirono il primo nucleo normanno d’Italia ed entrarono, con la drammatica forza delle loro imprese, nell’immaginario collettivo di quel Mezzogiorno, finalmente immesso nell’orbita europea, obbligando il più pugnace dei d’Hauteville: Roberto il Guiscardo, a scendere a patti per realizzare quell’unificazione del Mezzogiorno divenuta realtà solo fra il 1129 ed il 1130, quando Ruggero II divenne Re di Sicilia.
Le due famiglie normanne, dunque, ancorchè rivali fra loro malgrado la mediazione intervenuta attraverso apparentamenti matrimoniali, abilissime in diplomazia e in armi; vissute come liberatori dalle popolazioni pugliesi oppresse dal dominio bizantino; temute dalla Chiesa, nei confronti della quale mantennero sempre una condotta sprezzante, scrissero la storia dell’Italia del Sud rendendola titolare della leadership mediterranea ed esaltandone il ruolo nel teatro politico internazionale.
Non a caso Papa Urbano II avrebbe detto: «…Dio ha chiamato dall’Occidente un cavaliere di nome Ruggero, uomo di grande saggezza e di enorme coraggio in guerra. Lo ha portato in quest’isola dove, dopo immense fatiche, numerosi combattimenti, la morte o lo spargimento di sangue di molti dei suoi soldati, egli ha liberato il paese dalla schiavitù dei pagani…».
Non a caso lo storico arabo Ibn Al Athir avrebbe scritto «… Ruggero il normanno è il re di tutti, in quanto amava e si impegnava a migliorare lo status dei suoi sudditi e in particolare rispettava i Musulmani e intratteneva con loro eccellenti rapporti… e in pari misura i Musulmani amavano quel sovrano…»
Dalla guerra alla cultura, infine: con i Normanni fiorì pesso la corte di Sicilia quella straordinaria stagione intellettuale testimoniata dal geografo arabo Al-Idrisi, dal poeta Ibn Hamdîsi, dal coltissimo monaco italo-greco Filagato Ceramide, dagli jongleurs francesi i quali, attraverso la narrazione delle storie di Rolando e dei Paladini di Carlo Magno e del ciclo bretone di re Artù e di fata Morgana, fornirono il supporto ai primi approcci della letteratura siciliana drammatica in volgare.
I Vikinghi, dunque, Normanni di Francia, d’Inghilterra, d’Italia, di Russia, scrissero la più gloriosa e coinvolgente pagina di storia dell’Europa, allargandone i confini oltre le barriere di ghiaccio dell’Atlantico, fino alle acque dolci del Medio-Oriente mediterraneo.
Ornella Mariani, sannita.
Negli anni scorsi: Opinionista e controfondista di prima pagina e curatore di Terza Pagina per testate nazionali; autore di saggi, studi e ricerche sulla Questione Meridionale.
Ha pubblicato: saggi economici vari e:
Pironti ” Per rabbia e per amore”
Pironti ” E così sia”
Bastogi “Viaggio nell’ entroterra della disperazione”
Controcorrente Editore ” Federico II di Hohenstaufen”
Adda Editore “Morte di un eretico” – dramma in due atti
Siciliano Editore “La storia Negata”
A metà novembre, per Mefite Editore “Matilde” -dramma in due atti
A gennaio, per Mefite Editore “Donne nella storia”
Collaborazione a siti vari di storia medievale.
Ha in corso l’incarico di coordinatore per una Storia di Benevento in due volumi, (720 pagine) commissionata dall’Ente Comune di Benevento e diretta dal Prof. Enrico Cuozzo)